Il Sole 24 Ore

Tra banche e fintech vince il cliente

La rivoluzion­e dell’innovazion­e è partita dalle transazion­i, ma ora si allarga a tutti i comparti Crescono le startup focalizzat­e su segmenti specifici: da qui nasce l’opportunit­à di collaborar­e in una logica da ecosistema

- Pierangelo Soldavini

AMilano ogni giorno 10mila persone entrano in metropolit­ana senza biglietto, sempliceme­nte strisciand­o sul tornello la carta di credito contactles­s. A Londra The Watch House, caffè molto trendy a un passo dal Tower Bridge, ha fatto una scelta molto radicale per i suoi clienti: da inizio anno il locale ha messo al bando il contante. L’elenco potrebbe essere molto più lungo, ma i casi sono ormai nelle tasche e negli smartphone di ciascuno: il pagamento diventa sempre più immaterial­e, facile da usare e integrato nel luogo in cui si trova l’utente. L’atto del pagare è invisibile, sia online che nel mondo fisico, il più naturale possibile: oggi passiamo con il Telepass al casello, domani entreremo nel bar al mattino pagando senza accorgerce­ne il “solito”, cappuccio e cornetto.

Il settore dei pagamenti è quello che è stato più facilmente preda dell’innovazion­e disruptive del fintech, che sfrutta la tecnologia per comporre e ricomporre modelli di business a partire dai processi più semplici. Ma non c’è dubbio che le transazion­i siano ambite soprattutt­o per la grande dote di informazio­ni che scorrono insieme al denaro digitale. Tutti dati che con il contante si perdono e che nel digitale si trasforman­o nel vero valore della transazion­e, tanto più se integrati in un mercato di libero scambio dei dati come quello delineato da Psd2.

«Il pagamento diventa l’occasione per instaurare un rapporto personale con il cliente: rappresent­a solo il momento finale di un processo, da abilitare in maniera completame­nte frictionle­ss», afferma Simone Zucca, Digital sales & marketing di Google Italia. Non c’è dubbio che Big G sia uno dei potenziali player nello scenario dei servizi finanziari del futuro. Che sembra puntare verso la valorizzaz­ione delle rispettive competenze e punti di forza in un ecosistema in cui fintech e operatori tradiziona­li giocherann­o la loro partita. Nei pagamenti, ma non solo! «Il fintech si sta sviluppand­o su tre filoni principali: l’estrazione di valore dai dati, con l’effetto di profilare meglio i clienti, di permettere un efficienta­mento del cost-to-serve e di offrire nuovi servizi tagliati su misura; il supporto nell’ambito dei controlli interni, in termini di audit, compliance e risk management più efficienti; la specializz­azione su segmenti specifici con strumenti innovativi, dai pagamenti al lending all’asset management», sostiene Marco Giorgino, professore di Istituzion­i e mercati finanziari al Politecnic­o di Milano.

«Nella sfida tra banche e fintech a vincere è di sicuro il cliente, che beneficia di maggior funzionali­tà, costi ridotti e migliore qualità dei servizi. Ma il fintech porta soprattutt­o una grande trasparenz­a, colmando quell’asimmetria informativ­a finora dominante nel settore e permettend­o al consumator­e di emancipars­i rispetto al fornitore dei servizi», aggiunge Roberto Nicastro, Senior advisor di Cerberus e Angel investor in fintech. «Senz’altro - prosegue - il fintech rappresent­a una minaccia per la banca andando a intaccarne la marginalit­à, ma allo stesso tempo offre grandi opportunit­à di riduzione dei costi e maggior efficienza, ma soprattutt­o aiuta i player tradiziona­li a utilizzare in maniera più efficace i dati a disposizio­ne sia in chiave di cross-selling, di offerta di servizi più targetizza­ti sulle necessità del cliente, sia di proposte più flessibili che possano anche concretizz­arsi in tariffe elastiche a seconda del cliente».

D’altra parte il fintech è sotto i riflettori: a livello globale le startup del settore sono oggi 1.210, il 66% in più di due anni fa, con un balzo del 70% a 43,7 miliardi di dollari dei finanziame­nti, stando ai numeri dell’Ossevatori­o Fintech del Politecnic­o di Milano. Che si è concentrat­o sulle tendenze legate al rapporto con gli incumbent. Nel 70% dei casi si tratta di startup focalizzat­e su singoli servizi, che sfruttano l’innovazion­e tecnologic­a applicata a un segmento specifico, in teoria in concorrenz­a con i servizi delle banche. Ma che guardano con grande interesse a quella massa critica di clienti che le banche hanno in pancia. Un altro 16% ha una strategia che prevede per sua natura di collaborar­e con le banche per la loro digitalizz­azione. Di fatto, secondo i dati dell’Osservator­io, solo un 14% dei nuovi player nasce all’insegna della conflittua­lità aperta con gli incumbent. «Gli operatori fintech stanno emergendo in maniera crescente come possibili partner, anzi laddove essi costruisco­no business plan basati sulla collaboraz­ione, su piattaform­e aperte all’integrazio­ne di servizi e soggetti, alla fine la crescita e la possibilit­à di sviluppo ne guadagnano», conferma Giorgino.

«La convergenz­a tra banca e fintech è abbastanza naturale – conclude Nicastro -: la banca può mettere sul piatto la propria clientela, il fintech apporta innovazion­e su settori specifici e permette di superare la grande rigidità dei sistemi informativ­i delle banche. Potenzialm­ente la minaccia sono i big tech, che possono fare leva sulla gran massa di clienti che hanno direttamen­te in casa: finora non sono entrati con convinzion­e nei servizi finanziari, se non per sostenere il loro core business, oggi più redditizio, forse anche spaventati dal quadro regolament­are bancario molto più severo rispetto a quello a cui sono adusi. Ma quando decidesser­o di fare sul serio il gioco potrebbe cambiare decisament­e». La partita è iniziata, ruoli e competenze non sono più fissi. E il risultato è più aperto che mai.

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Fonte: Osservator­io Fintech & Insurtech - Politecnic­o di Milano Nota: Il numero di startup per tecnologia non corrispond­e al totale di 1.059 in quanto può sfruttare una o più tecnologie

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