L’innovazione corre sul mobile e si distribuisce (nella cloud)
Il portafoglio entra nello smartphone. Perché oggi la rivoluzione dei servizi bancari passa dai dispositivi mobili ripensati da startup e spinoff e accelerati dai colossi bancari e assicurativi. Così la mobilità diventa un requisito fondamentale, arrivando a trasformare lo sportello in un ambiente virtuale e flessibile per un utente connesso, multitasking e maggiormente alfabetizzato al digitale. Non è però un’evoluzione che riguarda solo le transazioni tra privati. Anche le aziende ripensano i propri processi. È una semplificazione che non riguarda necessariamente la disintermediazione. Perché i nuovi attori hi-tech cercano alleanze con le filiere tradizionali.
Da Montreal una startup è riuscita a trasformare lo smartphone in un terminale per accettare pagamenti. Un pos mobile per trasferimenti di denaro tra esercenti e persone. Si tratta di MobeeWave e al momento è abilitata su dispositivi Android. Ma la crescita è esponenziale e presto il progetto scalerà altri app store.
Semplificare i pagamenti significa abilitare le piattaforme digitali e sociali di maggior utilizzo. In questo modo le transazioni passano per gli stessi ambienti social già familiari, approdando direttamente sull’instant messagging adottato quotidianamente. Così una tastiera hi-tech si integra direttamente in WhatsApp o Facebook Messenger. È l’idea di PayKey, startup partita nel 2015 dal Citi Accelerator di Tel Aviv. Una soluzione alternativa alla moltiplicazione di chatbot. Dalle soluzioni per i consumatori finali a quelle mirate per il business. La canadese SensiBill ha brevettato una via sicura per organizzare al meglio i documenti. Un’idea integrabile all’interno del mobile banking, che garantisce la sicura gestione di ricevute, scontrini, fatture.
Semplicità, accessibilità, usabilità. Ma anche sostenibilità. Perché in questo mondo liquido misurare l’impronta ambientale diventa un elemento differenziante. Così una startup italiana messa in piedi da quattro neolaureati under 30 si sta imponendo sul mercato già nella fase preparatoria al go-to-market.È Cubbit, diventata la prima realtà nostrana ad essere inserita nel programma di open innovation di Barclays con un percorso di accelerazione. Oltre al colosso bancario inglese la startup ha raccolto già 300mila euro tra fondi privati ed europei e oggi è accelerata da Tim WCap. Pochi giorni fa al Mastercard Innovation Forum 2018 si è aggiudicata il primo posto con l’accesso alla finale internazionale di Miami nel 2019. Alla base c’è l’idea rivoluzionaria di un cloud distribuito, una sorta di data center decentralizzato che coniuga sicurezza e ambiente. «Siamo green non solo per posizionamento, ma proprio per le soluzioni che proponiamo. Il cloud distribuito permette di eliminare i data center costosi e inquinanti. Quelli attivi nel mondo se messi assieme arriverebbero a consumare come un Paese grande quanto il Brasile. Invece con noi per ogni 200 gigabyte di file salvati si risparmia l’energia di un frigorifero di nuova generazione», racconta Stefano Onofri, 26enne bolognese cofondatore e ceo di Cubbit, una laurea in management internazionale al Collegio Superiore dell’Università di Bologna e un percorso di formazione tra Parigi e Londra.
Il software proprietario consente di riciclare le risorse Internet che non vengono sfruttate appieno, dalle connessioni wi-fi allo storage delle chiavette Usb. Così il cloud diventa gratuito per gli utenti e a metà prezzo per il business. «Stiamo per proporre a privati e aziende le nostre soluzioni di cloud storage, hosting, content delivery e cloud computing. Con la nostra tecnologia i colossi bancari e assicurativi potranno creare valore in modo sostenibile», precisa Onofri. Sostenibilità che si integra alla protezione delle informazioni. «Oggi l’unico modo per essere certi di avere i dati al sicuro è spezzettare le informazioni, criptarle, distribuirle. Una distribuzione inaccessibile anche per noi che abbiamo scritto il software». Cubbit è ospitata da AlmaCube, l’incubatore dell’Università di Bologna. Ma guarda anche ai mercati emergenti e da qualche mese ha anche una sede distaccata a Tel Aviv: «Da novembre lanceremo la nostra campagna di crowdfunding su Kickstarter. E misureremo la sensibilità degli utenti su questi temi diventati strategici».