Agevolazioni equiparate in tutti i gradi del contenzioso
L’articolo 6 dello schema di decreto legge sulla pace fiscale introduce la facoltà, per tutti coloro che abbiano processi tributari pendenti, di definire in via agevolata la controversia, abbandonando così il contenzioso con le Entrate (e solo con quest’ultima, da notare che nelle altre forme di definizione agevolata previste dal Dl rientrano anche gli atti dell’agenzia delle Dogane e dei Monopoli). Si fa riferimento alla definizioni delle sole controversie su “atti impositivi” introducendo una discriminazione poco razionale.
Rischiano infatti di non risultare definibili contenziosi su imposte dichiarate ma non versate richieste a seguito di controlli formali ai sensi dell’articolo 36bis Dpr 600/73 o su atti successivi a quello “impositivo” magari non validamente notificati (tipo fermi amministrativi).
L’auspicio per evitare problematicità è che si acceda a una lettura ampia e sostanzialistica della nozione di atto impositivo ma meglio sarebbe eliminare tale riferimento e parlare esclusivamente di liti con controparte le Entrate che comportino richieste di maggiori tributi e/o sanzioni. La ratio della sanatoria sembra quella di puntare a un extra-gettito (la relazione tecnica stima maggiori introiti per il 2,5% delle maggiori imposte accertate non ancora oggetto di riscossione provvisoria, a oggi oltre 25 miliardi di euro) e alla deflazione dell’enorme carico di lavoro dei magistrati tributari, soprattutto di Cassazione.
Non possono essere tuttavia trascurati alcuni aspetti critici che potrebbero ridurre l’appeal dell’istituto. Ci limitiamo ad analizzare quelli di ordine pratico, tralasciando in questa sede la compatibilità di tale manovra rispetto ai superiori principi costituzionali e comunitari.
In primis, l’entità dello “sconto” concesso: in termini generali, si prevede lo stralcio integrale delle sanzioni e degli interessi dovuti in caso di pendenza in 1° grado o soccombenza del contribuente (in ogni stato e grado), versando quindi le sole imposte accertate. Ciò, evidentemente, genera una discutibile equiparazione fra i contribuenti che hanno presentato ricorso e sono ancora in attesa del giudizio di 1° grado (ossia in una fase in cui potrebbero ritenere possibile un annullamento integrale dell’avviso) con quelli che, invece, hanno magari perso sia in 1° che in 2° grado e attendono l’esito del giudizio di Cassazione, per i quali la pace fiscale prevede ugualmente il pagamento integrale delle imposte.
Per i contenziosi che vedono invece soccombente l’Agenzia (con pronuncia resa entro la data di entrata in vigore del Dl), si prevede la possibilità di definire la controversia mediante il versamento del 50% del valore delle maggiori imposte (in caso di sentenza di 1° grado) ovvero il 20% delle stesse (in caso di pronuncia di 2° grado).
Sotto questo profilo, forse un’aliquota del 20% anche per il 1° grado avrebbe riscontrato un maggiore appeal.