TRAVERSATA IN ALTO MARE, NAVIGANDO (SOLO) NEL BLU
Prima dei satelliti, del roaming, degli efficienti tim, wind, vodafone in nave, c’era un momento di perfetta armonia fra occhi e orecchie, quando si prendeva il largo. Via via che la costa spariva e l’orizzonte diventava una linea blu vibrante di onde, anche la qualità del segnale si dileguava una tacca alla volta, fino all’assenza totale. Un’ora, due, tre, un’intera notte di viaggio con intorno il nulla e l’illusione del perfetto qui e ora. Oggi è un po’ più complicato essere, soprattutto sentirsi, soli in mezzo al mare. Gli operatori telefonici hanno stretto accordi con ogni compagnia di navigazione: la sensazione è di sciogliere gli ormeggi, lasciando sempre un filo, immateriale ma affidabile, che lega a terra: si salpa, si toglie l’àncora, tenendosi ben àncorati a tutto quel si lascia indietro. Difficile riprovare quella vertigine della libertà che ha fatto delle grandi traversate la sfida della conoscenza.
Che siano traghetti, aliscafi, navi, ci si ritrova a improvvisare a bordo conversazioni non su rotte e sestanti, ma tariffe e traffico. C’è sempre qualche ben informato che ha confrontato i prezzi e mette in guardia dal navigare in alto mare. E parla naturalmente di internet e traffico mail, non di profondità del fondale. I rischi di scaricare tutto il credito del telefonino sono alti, il servizio è fornito tramite sistema satellitare, ci sono costi extra… La scelta è chiara. Su un piatto, c’è il rumore dell’acqua e dei gabbiani, l’avvistamento di un delfino o semplicemente l’opzione di guardare lontano senza niente, ma proprio niente che ostacoli lo sguardo. Tutto gratis, incluso nel prezzo di crociera. Sull’altro piatto, ci sono sei pollici di luce blu per viaggiare virtualmente ovunque, e naturalmente chattare, scaricare, postare, parlare a circa 3 euro al minuto. Personalmente, la scelta mi sembra facile.
Viene in mente Nanni Moretti in Caro diario: «Sono felice solo in mare, nel tragitto tra un’isola che ho appena lasciato e un’altra che devo ancora raggiungere». Quel sentirsi in mezzo, tra, in transito. Quante foto di addii, abbracci e fazzoletti sventolati nel vento al suono della sirena della nave sono definitivamente perduti, causa roaming. Vale la pena di ripercorrerli almeno come curiosità vintage. Magari a Phest, il festival internazionale di fotografia di Monopoli, navigando fra il bianco e nero di Pino Pascali e il suo
Guardare il mare o entrando nell’Hotel Marinum di Alex Majoli che ripercorre i porti del mondo come passaggi e luoghi di transizione. Oppure rivedere il bacio in riva al mare di Elliott Erwitt o andare alla scoperta di altri abbracci e addii immortalati in semplici foto trouvée, relitti di un passato che non torna e che per questo è diventato patrimonio per collezionisti. Alidem ne ha una cospicua raccolta dedicata ai marinai: oltre 300 scatti, che danno vita a una mostra ispirata a Pablo Neruda, I marinai baciano e se ne vanno, che può essere affittata da musei o privati ed è in vendita. «Amo l’amore dei marinai», dice il poeta, perché lasciano una promessa in ogni porto e in ogni porto c’è una donna ad attenderli. È, o forse era, proprio così: «I marinai baciano e se ne vanno». Difficilmente telefonano.
PhEST (https://www.phest.info/, fino al 6/11)
Elliott Erwitt, Personae (Venaria Reale, Torino, fino al 24/2/19)
Alidem www.alidem.com/it