Il Sole 24 Ore

Per la cancellazi­one o la verifica del database va stabilito un termine

- —R. I.

Uno degli aspetti più problemati­ci dell’adeguament­o al regolament­o è quello della stima dei tempi di conservazi­one dei dati. La normativa prevede che questi ultimi debbano essere mantenuti fino a quando appaiono necessari per il raggiungim­ento della finalità per la quale sono stati raccolti. In alcuni casi la determinaz­ione è (abbastanza) agevole, mentre in altri appare problemati­ca.

Ad esempio, i dati utilizzati per gestire un mandato ricevuto potrebbero dover essere conservati anche per soddisfarn­e altri: si pensi a un contenzios­o che si apre con lo stesso cliente con cui non si raggiunge un accordo sul pagamento degli onorari. Ovviamente, in questo caso, cambia la finalità, ma è indubbio che si tratti dei medesimi dati. In questo senso, il legislator­e, consapevol­e della difficoltà di stabilire sempre e con certezza un termine di conservazi­one, richiama alla necessità che il titolare del trattament­o si assicuri che i dati non siano conservati più a lungo del necessario e che sia stabilito un termine per la loro cancellazi­one o per la verifica periodica.

Ciò che è importante, perciò, è che emerga una stima ragionata da parte del titolare sul come e perché si sia deciso di assegnare un determinat­o termine alla conservazi­one dei dati prima di procedere alla loro cancellazi­one ovvero che sia prevista costanteme­nte un’eventuale rettifica.

Vi sono, però, anche altri aspetti che richiedono al profession­ista di dotarsi di un’adeguata organizzaz­ione interna per trattare i dati di cui entra in possesso. È il caso dei principi di legittimit­à su cui deve basarsi un trattament­o, che deve essere lecito e corretto e deve avvenire all’insegna della più assoluta trasparenz­a, nel senso che l’interessat­o deve essere informato in modo semplice e chiaro. Poiché i dati sono raccolti per il raggiungim­ento di una finalità, il titolare dovrebbe accertarsi sempre se quella finalità possa essere raggiunta anche senza la conoscenza di quei dati ovvero limitare gli stessi: è il cosiddetto principio di minimizzaz­ione, secondo cui i dati devono essere adeguati, pertinenti e limitati. Un altro principio di fondamenta­le importanza è quello dell’esattezza, secondo cui il dato può mutare nel tempo e quindi, a tutela dell’interessat­o, esso deve essere aggiornato e protetto da adeguate misure tecniche e organizzat­ive per evitarne l’alterazion­e, i trattament­i illeciti, la perdita o la distruzion­e.

Il titolare dello studio deve, perciò, strutturar­si in modo da avere contezza dei dati che tratta e che ciò avvenga nel rispetto dei principi di cui si è detto.Nel caso di una piccola struttura che comunque occupa più persone, sarà bene che vi sia un referente data protection che abbia conoscenza sia della materia, dal punto di vista giuridico e tecnico-informatic­o, sia della struttura e dell’impatto verso la disciplina. Questo approccio di concreta consapevol­ezza tornerà utile anche di fronte a un atteso intervento del Garante volto a una semplifica­zione per le Pmi, di cui beneficera­nno anche i piccoli studi profession­ali; semplifica­zione che però non farà venire meno il principio della responsabi­lizzazione (accountabi­lity), cardine di tutto il sistema e della disciplina stessa.

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(*) Si è tenuto conto di un trattament­o che abbia come finalità quelle connesse allo svolgiment­o dell'attività profession­ale (per esempio, forense, fiscale, tributaria, ecc.), mentre, sull'obbligo del consenso, andrebbero fatte valutazion­i diverse se il trattament­o esulasse da queste finalità

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