Cliente della cartiera «inconsapevole»: può detrarre l’Iva
Ordini, fatture e bonifici escludono la malafede dell’impresa acquirente
Nel caso di contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti effettuate nell’ambito di una frode carosello, l’Iva è indetraibile in capo all’acquirente solo nel caso in cui l’ufficio fornisca la prova della compartecipazione consapevole del contribuente al disegno criminoso. A confermare questo principio è la Ctp di Teramo 350/1/2018 depositata lo scorso 16 ottobre (presidente Perla, relatore Valletta).
La vicenda trae origine da un’indagine della Guardia di finanza al termine della quale l’agenzia delle Entrate di Verona segnalava ai vari uffici competenti per territorio il nominativo diuna societàritenuta cartiera e i rispettivi clienti che avevano ricevuto e contabilizzato fatture soggettivamente inesistenti. Sulla base di questo elemento un ufficio recuperava Iva e Ires nei confronti di un’impresa che aveva intrattenuto rapporti con la cartiera in questione.
La società proponeva ricorso, eccependo innanzitutto che non era stata fornita alcuna prova in merito all’asserita malafede della contribuente e alla sua partecipazione al meccanismo fraudolento.
Contestava così il mancato assolvimento dell’onere probatorio posto in capo all’ufficio. Produceva nel contempo diversi elementi, volti ad attestare la propria buona fede, segno dell’incolpevole coinvolgimento nella frode posta in essere da soggetti terzi.
L’ufficio evidenziava, invece, che l’aziendache aveva emesso le fatture
(la cosiddetta cartiera) era di fatto un semplice soggetto interposto tra l’effettivo venditore della merce e l’acquirente. I giudici della Ctp di Teramo hanno accolto il ricorso della società.
Il collegio di primo grado ha innanzitutto accertato la qualifica di cartiera della società emittente le fatture contestate. Nel contempo, però, ha rilevato l’effettività dell’operazione attestata da ordini di acquisto, fatture, bonifici, Ddt, rivendita al dettaglio dei beni acquistati e così via.
Alla luce di tali circostanze la Ctp ha così ritenuto sussistente la buona fede della società ricorrente.
In dettaglio è stato dimostrato che le compravendite erano avvenute al prezzo di mercato e che la fornitrice era stata presentata alla contribuente da una impresa leader del mercato quale propria struttura logistica.
Inoltre, contrariamente a quanto asserito dall’Agenzia, dalla visura camerale della cartiera non emergevano elementi sospetti usando l’ordinaria diligenza. Risultava, infatti, che l’impresa era in attività da ben cinque anni e aveva sette dipendenti. Tutte circostanze abbastanza singolari per una società ritenuta cartiera.
Nel caso in esame, pertanto, non era stata pertanto dimostrata dall’ufficio la consapevole compartecipazione alla frode da parte della società ricorrente contribuente. Tale circostanza deve essere provata quantomeno a mezzo di presunzioni, purchè gravi, precise e concordanti.
In conclusione la Ctp si è così uniformata al costante orientamento giurisprudenziale, sia di legittimità, sia della Corte di giustizia Ue, annullando integralmente l’atto impositivo impugnato, con condanna altresì dell’ufficio alle spese di lite.