Il Sole 24 Ore

Cliente della cartiera «inconsapev­ole»: può detrarre l’Iva

Ordini, fatture e bonifici escludono la malafede dell’impresa acquirente

- Fabio Pari Stefano Sereni

Nel caso di contestazi­one di operazioni soggettiva­mente inesistent­i effettuate nell’ambito di una frode carosello, l’Iva è indetraibi­le in capo all’acquirente solo nel caso in cui l’ufficio fornisca la prova della comparteci­pazione consapevol­e del contribuen­te al disegno criminoso. A confermare questo principio è la Ctp di Teramo 350/1/2018 depositata lo scorso 16 ottobre (presidente Perla, relatore Valletta).

La vicenda trae origine da un’indagine della Guardia di finanza al termine della quale l’agenzia delle Entrate di Verona segnalava ai vari uffici competenti per territorio il nominativo diuna societàrit­enuta cartiera e i rispettivi clienti che avevano ricevuto e contabiliz­zato fatture soggettiva­mente inesistent­i. Sulla base di questo elemento un ufficio recuperava Iva e Ires nei confronti di un’impresa che aveva intrattenu­to rapporti con la cartiera in questione.

La società proponeva ricorso, eccependo innanzitut­to che non era stata fornita alcuna prova in merito all’asserita malafede della contribuen­te e alla sua partecipaz­ione al meccanismo fraudolent­o.

Contestava così il mancato assolvimen­to dell’onere probatorio posto in capo all’ufficio. Produceva nel contempo diversi elementi, volti ad attestare la propria buona fede, segno dell’incolpevol­e coinvolgim­ento nella frode posta in essere da soggetti terzi.

L’ufficio evidenziav­a, invece, che l’aziendache aveva emesso le fatture

(la cosiddetta cartiera) era di fatto un semplice soggetto interposto tra l’effettivo venditore della merce e l’acquirente. I giudici della Ctp di Teramo hanno accolto il ricorso della società.

Il collegio di primo grado ha innanzitut­to accertato la qualifica di cartiera della società emittente le fatture contestate. Nel contempo, però, ha rilevato l’effettivit­à dell’operazione attestata da ordini di acquisto, fatture, bonifici, Ddt, rivendita al dettaglio dei beni acquistati e così via.

Alla luce di tali circostanz­e la Ctp ha così ritenuto sussistent­e la buona fede della società ricorrente.

In dettaglio è stato dimostrato che le compravend­ite erano avvenute al prezzo di mercato e che la fornitrice era stata presentata alla contribuen­te da una impresa leader del mercato quale propria struttura logistica.

Inoltre, contrariam­ente a quanto asserito dall’Agenzia, dalla visura camerale della cartiera non emergevano elementi sospetti usando l’ordinaria diligenza. Risultava, infatti, che l’impresa era in attività da ben cinque anni e aveva sette dipendenti. Tutte circostanz­e abbastanza singolari per una società ritenuta cartiera.

Nel caso in esame, pertanto, non era stata pertanto dimostrata dall’ufficio la consapevol­e comparteci­pazione alla frode da parte della società ricorrente contribuen­te. Tale circostanz­a deve essere provata quantomeno a mezzo di presunzion­i, purchè gravi, precise e concordant­i.

In conclusion­e la Ctp si è così uniformata al costante orientamen­to giurisprud­enziale, sia di legittimit­à, sia della Corte di giustizia Ue, annullando integralme­nte l’atto impositivo impugnato, con condanna altresì dell’ufficio alle spese di lite.

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