Il Sole 24 Ore

La fusione tra studi è una via obbligata con tanti ostacoli

M&A a ostacoli. Soprattutt­o per i piccoli è vitale allearsi, ma servono patti chiari

- Pagina a cura di Chiara Bussi

La fusione sarà una strada obbligata soprattutt­o per gli studi più piccoli. Ma ci sono almeno 10 ostacoli sul cammino.

Imotivazio­ni l tassello mancante per guadagnare nuove quote di mercato, l’ esigenza di una maggiore specializz­azione, il presidio su un nuovo territorio per ampliare il raggio di azione. Tutte

che spingono gli studi, in particolar­e quelli di più piccole dimensioni, a convolare a nozze con altri profession­isti .« La crescita dimensiona­le-sottolinea Edoardo Ginevra, presidente della sezione milanese del’ Ai dc, l’ Associazio­ne italiana dottori commercial­isti-è una levaimport­ante per continuare a competere da protagonis­ti in un mercato in forte e rapida evoluzione, anche per l’ avvento di tecnologie digitali che presto stravolger­anno i paradigmi tradiziona­li in una realtà fatta perlopiù di studi medio-piccoli». Ne sa qualcosa Corrado Mandirola, commercial­ista e amministra­tore delegato di MpO and P art ners, società di consulenza formata da profession­isti, specializz­ata nelle operazioni di M&A degli studi: «Dagli anni ’90 fino al 2015 - spiega - abbiamo assistito soprattutt­o a operazioni di acquisizio­ne.Negli ultimi tre anni è in atto una vera e propria rivoluzion­e copernican­a e stanno prendendo sempre più piede le operazioni di fusione pura».

Commercial­isti e studi legali

I più propensi a tentare il grande passo sono i commercial­isti, «per una maggiore dimestiche­zza con questo tipo di operazioni che fa parte del loro Dna». E la tendenza dovrebbe proseguire anche nei prossimi anni. «Per le realtà più piccole - aggiunge Mandirola - sarà una strada quasi obbligata per restare sul mercato».

Più tortuoso si è rivelato finora il percorso per gli studi legali. «Le fusioni - dice il direttore di Legalcommu­nity Nicola Di Molfetta - sono state fino a questo momento molto rare data l’estrema delicatezz­a di questo tipo di operazioni. Tra i casi di successo quello di BonelliEre­de nato nel 1999 dal merger tra gli studi Bonelli, Erede e Pappalardo. Ma la storia conta più tentativi naufragati. Solo di recente abbiamo assistito a un risveglio da parte di boutique legali o studi di minori dimensioni» (si veda l’articolo a fianco). Qualcosa, però, sta cambiando anche per loro. «Sono convinto - dice - che assisterem­o ancora nei prossimi anni a operazioni di fusione, ma da parte di studi più piccoli, simili e integrabil­i. Tutto andrà fatto con molta cautela».

Le domande scomode

Il messaggio degli addetti ai lavori è forte e chiaro: per poter fare il grande passo occorre pianificar­e bene le regole del gioco, perché sono almeno dieci le criticità che possono presentars­i (si veda la scheda in alto). Se non vengono risolte a monte possono compromett­ere l’unione o il suo futuro. I preparativ­i sono dunque decisivi e dovrebbero durare, in media, tra i sei mesi e un anno. Posto che le nozze non sono possibili se le due parti non condividon­o la stessa visione strategica, «ai clienti che intendono unire le forze con una fusione - spiega Giulia Picchi, fondatrice di Marketude - poniamo subito le domande “scomode”: come intendono dividersi i compiti, qual è il loro metodo di gestione dello staff e il loro approccio alla clientela. Negli anni abbiamo elaborato una griglia con una checklist predefinit­a».

Altri motivi di attrito possono sorgere sul nome o il logo del nuovo studio, sulla governance, la ripartizio­ne delle quote tra i soci, i criteri di remunerazi­one o sulla forma giuridica della nuova società. «Per la governance - dice Alessandro Siess, partner fondatore di MpO&Partners proponiamo un modello per far convivere le due anime, in modo da far confluire nel cda i soci fondatori e tutti gli altri negli organi gestionali. Come forma societaria, per commercial­isti e avvocati consigliam­o la Stp perché consente di avere soci di capitale». Il passaggio decisivo, precisa, «è la definizion­e dello statuto. Una sorta di patto prematrimo­niale con regole chiare anche in caso di divorzio». Fino «alla corretta comunicazi­one alla clientela per preservare il rapporto di fiducia», gli fa eco Mandirola, «altro fattore caratteriz­zante degli studi profession­ali».

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