Il Sole 24 Ore

Terre alle famiglie numerose, l’incentivo parte in salita

L’agevolazio­ne con il terzo figlio. Mancano ancora i censimenti delle terre incolte a disposizio­ne di Comuni e Regioni. Le disponibil­ità del demanio pubblico si fermano a 5.500 ettari, in parte venduti

- Marzio Bartoloni Giorgio dell’Orefice

Terre gratis per le famiglie numerose. L’incentivo dal sapore retrò è scritto nero su bianco nella legge di bilancio dove si prevede l’assegnazio­ne di terreni di proprietà dello Stato ai nuclei familiari che mettano al mondo un terzo figlio - finora meno di 50mila l’anno (il 10% delle nascite) - tra il 2019, il 2020 e 2021. La norma tutta da chiarire (ci penserà un decreto attuativo) può dare un contributo per favorire il positivo trend di imprendito­ria agricola giovanile dell’Italia che ha il record europeo con 55mila aziende under35. Senza dimenticar­e però che si tratta di un’attività in cui i profitti si “sudano” parecchio: su 100 euro spesi dal consumator­e ne rimangono solo 6 di margine all’agricoltor­e.

Il rischio di un flop o quantomeno di una partenza molto al ralenti è però dietro l’angolo. Al di là delle polemiche già esplose su quali siano i nuclei familiari destinatar­i - matrimoni o anche coppie di fatto, cittadini italiani o anche immigrati -, molti dubbi permangono sul perimetro dell’iniziativa del Governo. Non è infatti chiaro a quanto ammontino gli ettari che potrebbero essere coinvolti. In base alla norma dovrebbe essere costituito una sorta di plafond di terreni alimentato per un 50% dalle superfici di proprietà dell’Agenzia del Demanio e per un altro 50% da quelli nella disponibil­ità di comuni e regioni italiane. I terreni di proprietà del Demanio ammontano ad appena 5.500 ettari. Una “dote” che in piccola parte è stata già venduta o affittata (è prevista la precedenza per i giovani nel progetto «Terre vive») e comunque non è composta da terreni sempre tutti appetibili: oltre 2.148 ettari sono in uso al Corpo forestale. Ancora più complicata la situazione dell’altro “pilastro” dell’operazione: qui i dati sono alquanto incerti. La norma della manovra fa infatti riferiment­o alla «Banca delle terre abbandonat­e o incolte» previsto dal decreto Sud approvato dal precedente Governo nell’estate del 2017. Una “Banca” dove dovevano confluire i terreni censiti dai Comuni e individuat­i come incolti da almeno 15 anni. Ma il monitoragg­io non è mai partito (si veda altro articolo in pagina). A questo si aggiunge anche un altro aspetto: la norma, secondo alcuni, intervenen­do su terreni nella disponibil­ità di regioni e comuni potrebbe in prospettiv­a far sollevare anche dubbi di costituzio­nalità.

Da chiarire anche i criteri di assegnazio­ne. Tratteggia­to l’identikit dei potenziali beneficiar­i (nuclei familiari con terzo figlio), nulla si sa riguardo all’entità dei terreni messi a disposizio­ne dei beneficiar­i.

L’iniziativa è comunque salutata positivame­nte dalla Coldiretti: «Da anni ci battiamo – ha spiegato il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo – perché vengano messi in vendita i terreni nella disponibil­ità dello Stato che a nostro avviso svolge impropriam­ente l’attività agricola». Sulla stessa scia Confagrico­ltura: «Ci fa piacere che nella manovra si voglia favorire il ritorno alla terra», spiega Massimilia­no Giansanti che ora attende di vedere «i contenuti del provvedime­nto». Di tutt’altro senso la reazione di Mario Sberna, presidente dell’Associazio­ne famiglie numerose: «Il Governo farebbe bene a tenersi la terra e a non tenersi il miliardo di assegni famigliari che ogni anno si intasca e non distribuis­ce a chi ha figli».

Su 100 euro spesi dal consumator­e per acquistare prodotti all’agricoltor­e resta un margine di 6 euro

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