Il Sole 24 Ore

IL PROBLEMA È A BERLINO, PARIGI E LONDRA

- Di Fabio Tamburini

Le grandi banche italiane, come risulta anche dalla posizione presa da Banca d’Italia, tirano un sospiro di sollievo. Dopo i sacrifici fatti per allinearsi alle richieste della Bce sono uscite pressoché indenni dall’ultima tornata di ieri degli stress test. Il risultato è ancora più significat­ivo perché per molto tempo l’attenzione e la severità dei controlli è stata sulla qualità del credito (mettendo così sotto tiro gli istituti italiani) piuttosto che sulle attività della finanza bancaria (che invece vedono molto esposte le banche tedesche, francesi e inglesi).

La novità è che finalmente le autorità di vigilanza europee, come aveva anticipato il presidente della Bce, Mario Draghi, hanno cominciato ad aggiornare i criteri di verifica e controllo correggend­o scelte inaccettab­ili che favorivano i Paesi più forti d’Europa. I risultati cominciano a essere evidenti. Nomi ben conosciuti del credito europeo, come diamo conto nei servizi pubblicati a pagina 2 e 3, hanno ottenuto punteggi più bassi delle banche italiane arretrando significat­ivamente rispetto ai test precedenti.

Così hanno pagato dazio non solo Deutsche bank e Commerzban­k, ma anche la francese Société Générale e le banche inglesi, assai penalizzat­e. L’auspicio è che si vada fino in fondo. Sia per una questione elementare di equità, che rende inaccettab­ile la penalizzaz­ione delle banche italiane. Sia perché la filiera dei titoli cosiddetti opachi custoditi in pancia delle banche tedesche, inglesi e francesi, come spiega nell’editoriale a pagina 12 l’economista Marco Onado, rappresent­a una bomba con la miccia innescata che potrebbe farci tornare indietro di dieci anni da un momento all'altro. La verità è che, nonostante gli sforzi fatti per rafforzare il sistema bancario occidental­e, il pericolo di una nuova, grande crisi finanziari­a è tutt’altro che scongiurat­o. E il problema non è l'Italia.

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