L’Onu ci riprova con tasse e divieti sui «cibi insalubri»
Un gruppo di Paesi dell’Oms ha rilanciato a Ginevra il dibattito sui cibi insalubri La bozza della risoluzione verrà discussa entro l’anno a New York
È ancora allarme sul made in Italy agroalimentare: l’Oms torna alla carica sulla proposta di introdurre tasse e bollini di pericolo per i prodotti ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale, riaprendo un capitolo chiuso ormai dopo la Dichiarazione dell’Assemblea Onu il 27 settembre.
A volte ritornano. È ancora allarme sul made in Italy agroalimentare. L’Oms torna alla carica per cercare di far passare la proposta di introdurre tasse e bollini di pericolo sulle etichette per i prodotti a maggior contenuto di grassi, zuccheri e sale. E lo fa attraverso il gruppo dei paesi riunito sotto l’insegna “Foreign Policy e Global Health (Fpgh), capitanato dal Brasile ma composto anche da Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia, che ha riaperto un capitolo che sembrava chiuso dopo la Dichiarazione politica adottata all’Assemblea generale dell’Onu il 27 settembre durante il Vertice Oms sulle malattie non trasmissibili.
La rappresentanza permanente del Brasile a Ginevra in occasione di un meeting dell’Organizzazione mondiale della sanità ha ripresentato la proposta di risoluzione “ammazza prodotti tipici” che va a favore del “cibo di plastica” modificato chimicamente in laboratorio dalle multinazionali per rientrare nei parametri dei salutisti talebani. La risoluzione è contenuta in un documento più ampio del precedente dove si parla di fame nel mondo, di tutela della salute, sviluppo sostenibile, Sul Sole24Ore del 28 settembre il servizio sul voto all’Onu relativo al testo dell’Organizzazione mondiale della sanità sulle malattie non trasmissibili e sugli alimenti approvato da tutte le delegazioni senza discriminazioni di miglioramento dell’alimentazione nei Paesi in via di sviluppo. Al paragrafo sette del documento viene reinserita la controversa proposta: «Urge che i paesi membri per promuovere delle diete salutari adottino politiche fiscali e regolamentari, come quella di tassare i cibi e le bevande non salutari con delle chiare etichette frontali, le restrizioni al marketing e alla commercializzazione di cibi insalubri verso bambini e adolescenti, la riformulazione di cibi industriali per migliorare i valori nutrizionali, e che promuovano l’attività fisica come importante componente delle vite dei cittadini».
La risoluzione verrà discussa a partire da lunedì prossimo nel Palazzo delle Nazioni Unite a New York. Il negoziato è in una fase assolutamente preliminare, confermano alla Rappresentanza italiana all’Onu. Ma i paesi che portano avanti la proposta puntano ad arrivare a una decisione entro la fine dell’anno. Insomma la battaglia per la difesa dei prodotti di eccellenza dell’agroalimentare italiano non è finita. I “cibi insalubri” o non salutari secondo i criteri dell’Oms, appena rimandati al mittente, mettono fuori legge i prodotti con alto contenuto di grassi, sali e zuccheri, senza prendere in considerazione concetti come l’origine e la tipicità. In questo modo prodotti di eccellenza italiani Dop come ad esempio, l’olio di oliva extravergine, il Prosciutto di Parma e il San Daniele, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano o altri formaggi Dop, rischiano di essere pesantemente danneggiati, se dovesse passare la risoluzione nella sua attuale stesura.
Il fronte dei paesi più oltranzisti che insiste su etichette e tasse è guidato dai paesi sudamericani. Iniziativa partita dal Cile che un anno fa ha approvato una legge che obbliga i prodotti che superano per zucchero, grassi o sale una soglia fissata dall’Oms locale a esporre sulla etichetta, un enorme ottagono nero di “warning”, pericolo, simile a quello usato per le sigarette. La legge cilena ha fatto crollare l’export italiano alimentare in quel paese. Alla riunione di Ginevra dell’Oms ha preso parte il rappresentante permanente italiano Gian Lorenzo Cornado, che già in precedenza in una lettera inviata a tutti i capi missione aveva espresso preoccupazione per il linguaggio usato nel documento. Cornado ha ricordato che soltanto un mese fa la Dichiarazione politica adottata all’Onu da tutte le delegazioni, tra cui l’Italia, e successivamente incorporata nella risoluzione dell’Assemblea Generale A/Res/73/2 del 10 ottobre, costituiva un «risultato positivo e bilanciato». «Non c'è menzione nella dichiarazione del 27 settembre di ‘cibi e bevande insalubri' o di ‘etichette efficaci sui prodotti' o ancora di ‘restrizioni al marketing e alla commercializzazione di cibi insalubri» ha detto l’ambasciatore nel suo intervento, notando d’altra parte che ormai c’è accordo nella comunità scientifica sul fatto che non esistono cibi sani o insalubri in assoluto, ma piuttosto “diete sane” o “diete insalubri”.
Cornado in ultimo ha sottolineato che la natura divisiva del nuovo testo «non tiene conto delle decisioni prese solo un mese fa» e che pertanto «è inaccettabile per il Governo italiano». Dopo l'intervento dell’ambasciatore alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti hanno sostenuto la posizione italiana. E altri paesi, tra cui l’Uruguay hanno espresso perplessità in merito all’opportunità di riaprire con proposte divisive una discussione che si era conclusa solo un mese fa a New York, con una dichiarazione politica adottata per consenso dai Capi di Stato e di Governo di tutti i 192 Paesi membri delle Nazioni Unite.