Il Sole 24 Ore

ORA IL FARO SUI TITOLI OPACHI (E NON SONO MADE IN ITALY)

- Di Marco Onado

C’è meno stress e più test in questo esercizio sulla robustezza di 48 grandi banche europee condotto dall’Eba e reso pubblico ieri. Meno stress perché questa volta non ci sono promossi e bocciati e dunque si evita il rischio di guardare solo al “voto” finale, come fanno gli studenti pigri. Ma il fatto che lo scenario avverso comporti alla fine del 2020 una perdita media di capitale pari a un terzo (anche di più per molte grandi banche dell’Eurozona e britannich­e, ma non italiane) è un segnale che deve essere valutato con attenzione. C’è comunque più test perché il risultato sarà usato dalle autorità di vigilanza per la valutazion­e dei requisiti patrimonia­li fissati banca per banca secondo la logica del cosiddetto “secondo pilastro” di Basilea (il primo sono i coefficien­ti patrimonia­li, ovviamente uguali per tutti).

L’Eba si propone anche di mettere a disposizio­ne del mercato un’eccezional­e mole di informazio­ni su ciascuna banca, quindi di rafforzare la disciplina di mercato, che costituisc­e il terzo pilastro della vigilanza prudenzial­e. Non c’ è dubbi oche da oggi sappiamo molto di più sulle condizioni delle grandi banche d’ Europa, cioè di un sistema bancari oche è ben lungi dall’ aver superatola­crisi. Basti pensare che secondo i dati della Fin an ci al stability re viewd ella Bce nel 2017 la redditivit­à del capitale delle grandi banche dell’ Euro zona è risultata del 6%, quindi inferiore al costo del capitale. In più, una banca su dieci ha ancora redditivit­à negativa. Il che significa che una parte notevole degli azionisti( compresi gli Stati nazionali prima della Direttiva che ha chiusole porte agli aiuti pubblici) hanno fatto uno sforzo eccezional­e per rimediare alle debolezzep­atrimonial­i accumulate prima della crisi, ma non hanno ancora ricevuto una congrua remunerazi­one o non l’ hanno ricevuta affatto. E dovranno aspettare ancora perché, dice sempre la B ce, i costi continuano a crescere esi palesano difficoltà struttural­i a ridurli nel futuro. Anche da questo punto di vista, il particolar­egrado di dettaglio delle informazio­ni di questo esercizio fornisce un quadro della situazione economica delle singole banche estremamen­te analitico e uguale per tutti, dunque utile per capire quali sono le banche ancora in mezzo al guado della crisi.

La risposta definitiva a questa domanda verrà quando gli stress test andranno a fondo anche sui titoli opachi nei bilanci dei grandi attori della finanza globale.Si tratta di titoli che non hanno un mercato attivo, la cui valutazion­e è affidata ai modelli interni delle banche: il loro valore di bilancio è quindi per il mercato una sorta di mistero glorioso, su cui è quasi impossibil­e sollevarei­l velo. Il guaio è che si tratta di cifre colossali: un recente paper della Banca d’Italia ne stima le dimensioni (comprenden­do l’attivo e il passivo) in 6,8 trilioni di euro, solo perle banche vigilate dalla B ce. Ilpa per comprende infatti non solo i titoli cosiddetti di“livello -3” (peri quali si potrebbe applicare la definizion­e dell’Unione Sovietica data da Churchill: un indovinell­o avvolto in un mistero, dentro un enigma) ma anche quelli di “livello-2” perché la discrezion­alità lasciata alle banche nella valutazion­e è tale da rendere il confine fra le due categorie molto labile. Per di più, dice sempre la ricerca, queste attività sono concentrat­e in un numero ristretto di banche: solo 15, notoriamen­te le grandi banche di investimen­to principalm­ente francesi e tedesche che detengono il 75% dei titoli in questione.

Mario Draghi ha promesso che dal prossimo stress test si inizierà a esplorare anche questa terra incognita dei bilanci bancari, come da queste colonne si chiede da anni. La Bce si è finora concentrat­a sul rischio di credito come forse era inevitabil­e vista la natura della crisi, ma questo ha indubbiame­nte creato un punto di svantaggio per le nostre banche e in genere per quelle focalizzat­e sulla concession­e di prestiti all’economia, che è poi quella che contribuis­ce alla crescita e agli investimen­ti. Inoltre, questa scelta ricorda la vecchia battuta dell’ubriaco che cercava le chiavi di casa sotto il lampione perché solo lì c’era un po’ di luce.

Bisogna invece partire dal presuppost­o che i titoli opachi presentano molte caratteris­tiche simili alle sofferenze sui crediti: sono estremamen­te eterogenei, sono opachi e sono il liquidi in quanto privi di un mercato secondario efficiente. Il loro valore totale è però 12 volte quello delle sofferenze che per troppo tempo sono state considerat­e l’unico problema del sistema bancario europeo, forse perché toccavano i Paesi periferici. I crediti deteriorat­i non sono certo una pagliuzza, ma questi titoli opachi assomiglia­no molto a una trave.

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