Affondo dell’Anac sulle autostrade Ponte Genova, c’è un teste
Un atto di segnalazione a Governo e Parlamento in tema di affidamenti dei concessionari - dal gas agli aeroporti con particolare riguardo per le autostrade - è stato inviato ieri dall’Autorità anticorruzione (Anac). L’Anac ha riscontrato fenomeni giudicati particolarmente gravi di inosservanza o di distorta applicazione della normativa di settore.
Con questo atto l’Anac segnala la necessità di un intervento per affidare le concessioni scadute tramite procedure a evidenza pubblica, sollecita più puntuali verifiche da parte dei concedenti nei confronti degli adempimenti dei concessionari, allo stato carenti e invita i concedenti a rivisitare le concessioni in essere, anche esercitando le prerogative di monitoraggio previste dalla normativa. Sulla quota di lavori da affidare all’esterno e i vincoli stabiliti dal Codice appalti, Anac ha rilevato «incongruenze» e «divergenze» tra i dati comunicati dal Mit in quanto concedente e quelli comunicati dalle concessionarie, che tendono a «sottostimare gli adempimenti a loro carico». Il «massimo scollamento dei dati esaminati si è verificato per Autostrade per l’Italia». Pronta la replica di Aspi. Circa i rilievi Anac - si legge in una nota - su una differente interpretazione e aggregazione dei dati tra ministero e Autostrade per l'Italia, in particolare per effetto di due successive, importanti e contrastanti modifiche normative intervenute nel 2016 e 2018 sul tema dei lavori a controllate e collegate, e per le quali la interpretazione circa la gestione del periodo transitorio è intervenuta solo con la pubblicazione delle linee guida Anac, Autostrade per l'Italia conferma che esiste al momento una divergente interpretazione rispetto al ministero. Per tale motivo la società ha chiesto un chiarimento attraverso ricorso amministrativo, che si augura intervenga quanto prima al fine di poter operare in questo ambito su basi normative certe.
Intanto, sul le cause del crollo del ponte Morandi a Genova, interviene un teste qualificato. Si tratta di Agostino Marioni, ingegnere ed ex presidente della società Alga che si occupò dei lavori di rinforzo della pila 11 nel ’93, sentito come persona informata dei fatti in procura dal pm Massimo Terrile: «In un primo momento - ha detto Marioni - avevo pensato che la causa del crollo fosse la corrosione degli stralli. Poi vedendo alcuni video ho iniziato a ipotizzare che a far collassare il viadotto potrebbe essere stata la caduta del rotolo di acciaio trasportato dal camion passato pochi secondi prima. Se il tir, che viaggiava a una velocità di circa 60 chilometri orari, avesse perso il rotolo che pesa 3,5 tonnellate avrebbe sprigionato una forza cinetica pari a una cannonata». L’ingegnere ha poi spiegato come mai Autostrade decise di eseguire i lavori sulla pila 11: «Aveva problemi di corrosione legati a un difetto costruttivo; i cavi all'interno degli stralli di quella pila non vennero sistemati bene per cui il calcestruzzo non li aveva perfettamente avvolti». Il professionista, che per anni ha eseguito lavori su richiesta di Aspi in vari viadotti in Italia e che adesso lavora in Cina ha anche sostenuto che quel che resta del viadotto «non va demolito.