Apple delude Wall Street, settore hi-tech in caduta
A ottobre i listini Usa hanno perso 1.900 miliardi di capitalizzazione La stagione dei conti Usa ha portato con sé il ribasso più elevato degli ultimi 8 anni
La trimestrale di Apple non fa eccezione. La stagione dei conti Usa ha portato con sé il ribasso più elevato dal 2010.
Warren Buffett ha sempre detto che Apple «è un buon acquisto a lungo termine». Niente paura, sembra indicare l’oracolo di Omaha, per le sabbie mobili in cui si è incagliato il titolo dopo i conti appena annunciati. Apple è andata meglio delle previsioni di Wall Street per ricavi e utili nei tre mesi conclusi a settembre: l’aumento dei prezzi degli iPhone ha dato benzina ai ricavi e il fatturato dei servizi è ai massimi. Ma nelle contrattazioni del dopo mercato si è scatenata un’ondata di vendite, fino al -7,7%. Ondata ribassista che è continuata ieri in Borsa (-6,9% a metà seduta) spinta dalle deludenti guidance sul prossimo trimestre. La società di Cupertino teme che la debolezza di alcuni mercati emergenti e l’aumento dei costi per l’export possano pesare sui risultati delle vendite natalizie, periodo cruciale per i produttori di elettronica di consumo. Il ceo Tim Cook ha anche detto che Apple non renderà più noti i dati sulle vendite unitarie di iPhone, iPad e Mac. Motivo di preoccupazione per gli investitori sulla trasparenza e sul reale andamento dei volumi di vendita.
Otto analisti hanno tagliato i loro obiettivi di prezzo sul titolo Apple. Solo Bank of America Merrill Lynch, però, ha abbassato il rating su Apple da “buy” a “neutral” in ragione dei «venti contrari nel breve termine». In una nota BofA precisa che «sebbene le opportunità a lungo termine siano significative, ci aspettiamo una pressione sulle azioni nel breve».
Il mese di ottobre è stato un mese di forti vendite per tutti i titoli tecnologici, il peggiore da un decennio in Borsa. «Tra gli investitori c’è stato un cambiamento di sentiment che viene dalle preoccupazioni sulla crescita» avvenuto già con i conti trimestrali di Amazon e Alphabet, la holding di Google, dice Ron Josey, analista internet e digital media di Jmp Securities.
Le preoccupazioni sulla crescita dunque accomunano i big tech: Amazon (-20,2% nel mese), Google (-9.7%), Facebook (-7,7%) e ora Apple. Hanno pesato sul settore anche le notizie che arrivano dalla Gran Bretagna: lunedì il governo ha proposto l’introduzione di una digital tax da 500 milioni $ su società come Google e Facebook. Tutti fattori, oltre ai timori geopolitici e sulle politiche monetarie, che han fatto sì che il Nasdaq abbia perso il 9,2% nelle ultime quattro settimane: il calo maggiore dai tempi della crisi finanziaria, novembre 2008, per l’indice che di solito fa da motore al comparto azionario. Un
motore che ha rallentato di velocità
negli ultimi tempi condizionando l’andamento di Wall Street. Discorso a parte per Netflix, società leader nello streaming video, che è stata, ma per altri motivi, tra le più volatili in Borsa. Ogni giorno 66mila persone si abbonano a Netflix ma l’elevato indebitamento per le produzioni di nuovi contenuti preoccupa gli investitori sulla sostenibilità a lungo termine. Da qui le pesanti vendite di ottobre (-19,3%). I quattro titoli Fang, Facebook, Amazon, Netflix e Google, dal 20 settembre hanno perso circa 300 miliardi $ di capitalizzazione. Al conto si aggiunge ora Apple con il titolo che nell’ultimo mese è sceso dai 226 $ alla quota dei 207 dollari di ieri.
In generale tutto il mercato azionario americano in ottobre ha perso quasi 2mila miliardi: l’indice S&P 500 ha ceduto, per la precisione, 1.900 miliardi di dollari. La stagione delle trimestrali ha portato con sé il maggiore calo per le azioni dal 2011, rileva Bespoke Investment Group. E tre quarti delle società hanno registrato una flessione nelle quotazioni dopo la presentazione dei conti. Con un andamento sempre negativo in Borsa nonostante – e questo è singolare – le trimestrali siano andate meglio del previsto, superando le stime in 8 casi su 10. Segno che il vento ha davvero cambiato direzione. E che forse, come fa Buffett, bisogna provare a guardare oltre la correzione. Ai fondamentali e alla linea dell’orizzonte.