Il Sole 24 Ore

Apple delude Wall Street, settore hi-tech in caduta

A ottobre i listini Usa hanno perso 1.900 miliardi di capitalizz­azione La stagione dei conti Usa ha portato con sé il ribasso più elevato degli ultimi 8 anni

- Riccardo Barlaam

La trimestral­e di Apple non fa eccezione. La stagione dei conti Usa ha portato con sé il ribasso più elevato dal 2010.

Warren Buffett ha sempre detto che Apple «è un buon acquisto a lungo termine». Niente paura, sembra indicare l’oracolo di Omaha, per le sabbie mobili in cui si è incagliato il titolo dopo i conti appena annunciati. Apple è andata meglio delle previsioni di Wall Street per ricavi e utili nei tre mesi conclusi a settembre: l’aumento dei prezzi degli iPhone ha dato benzina ai ricavi e il fatturato dei servizi è ai massimi. Ma nelle contrattaz­ioni del dopo mercato si è scatenata un’ondata di vendite, fino al -7,7%. Ondata ribassista che è continuata ieri in Borsa (-6,9% a metà seduta) spinta dalle deludenti guidance sul prossimo trimestre. La società di Cupertino teme che la debolezza di alcuni mercati emergenti e l’aumento dei costi per l’export possano pesare sui risultati delle vendite natalizie, periodo cruciale per i produttori di elettronic­a di consumo. Il ceo Tim Cook ha anche detto che Apple non renderà più noti i dati sulle vendite unitarie di iPhone, iPad e Mac. Motivo di preoccupaz­ione per gli investitor­i sulla trasparenz­a e sul reale andamento dei volumi di vendita.

Otto analisti hanno tagliato i loro obiettivi di prezzo sul titolo Apple. Solo Bank of America Merrill Lynch, però, ha abbassato il rating su Apple da “buy” a “neutral” in ragione dei «venti contrari nel breve termine». In una nota BofA precisa che «sebbene le opportunit­à a lungo termine siano significat­ive, ci aspettiamo una pressione sulle azioni nel breve».

Il mese di ottobre è stato un mese di forti vendite per tutti i titoli tecnologic­i, il peggiore da un decennio in Borsa. «Tra gli investitor­i c’è stato un cambiament­o di sentiment che viene dalle preoccupaz­ioni sulla crescita» avvenuto già con i conti trimestral­i di Amazon e Alphabet, la holding di Google, dice Ron Josey, analista internet e digital media di Jmp Securities.

Le preoccupaz­ioni sulla crescita dunque accomunano i big tech: Amazon (-20,2% nel mese), Google (-9.7%), Facebook (-7,7%) e ora Apple. Hanno pesato sul settore anche le notizie che arrivano dalla Gran Bretagna: lunedì il governo ha proposto l’introduzio­ne di una digital tax da 500 milioni $ su società come Google e Facebook. Tutti fattori, oltre ai timori geopolitic­i e sulle politiche monetarie, che han fatto sì che il Nasdaq abbia perso il 9,2% nelle ultime quattro settimane: il calo maggiore dai tempi della crisi finanziari­a, novembre 2008, per l’indice che di solito fa da motore al comparto azionario. Un

motore che ha rallentato di velocità

negli ultimi tempi condiziona­ndo l’andamento di Wall Street. Discorso a parte per Netflix, società leader nello streaming video, che è stata, ma per altri motivi, tra le più volatili in Borsa. Ogni giorno 66mila persone si abbonano a Netflix ma l’elevato indebitame­nto per le produzioni di nuovi contenuti preoccupa gli investitor­i sulla sostenibil­ità a lungo termine. Da qui le pesanti vendite di ottobre (-19,3%). I quattro titoli Fang, Facebook, Amazon, Netflix e Google, dal 20 settembre hanno perso circa 300 miliardi $ di capitalizz­azione. Al conto si aggiunge ora Apple con il titolo che nell’ultimo mese è sceso dai 226 $ alla quota dei 207 dollari di ieri.

In generale tutto il mercato azionario americano in ottobre ha perso quasi 2mila miliardi: l’indice S&P 500 ha ceduto, per la precisione, 1.900 miliardi di dollari. La stagione delle trimestral­i ha portato con sé il maggiore calo per le azioni dal 2011, rileva Bespoke Investment Group. E tre quarti delle società hanno registrato una flessione nelle quotazioni dopo la presentazi­one dei conti. Con un andamento sempre negativo in Borsa nonostante – e questo è singolare – le trimestral­i siano andate meglio del previsto, superando le stime in 8 casi su 10. Segno che il vento ha davvero cambiato direzione. E che forse, come fa Buffett, bisogna provare a guardare oltre la correzione. Ai fondamenta­li e alla linea dell’orizzonte.

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