Exploit dell’economia Usa In ottobre 250mila nuovi posti
La performance del mercato del lavoro dà una spinta anche ai salari: +3,1% Alla vigilia del voto Midterm il miglior dato in 10 anni va in aiuto dei repubblicani
L’espansione dell’economia americana ha dato un nuovo colpo di acceleratore all’occupazione, incoraggiando la creazione di 250mila posti di lavoro nel mese di ottobre. Il dato, che ha evidenziato il 97° mese consecutivo caratterizzato da nuovi impieghi, ha superato di slancio le attese, ferme a 188mila assunzioni nette e ha tenuto il tasso dei senza lavoro ai minimi degli ultimi 49 anni, al 3,7 per cento.
Ancor più, questa volta, l’andamento del mercato del lavoro ha anche dato adito a una maggior spinta ai salari, la cui debolezza è rimasta spesso una delle incognite della crescita. I compensi orari per i lavoratori dedicati a mansioni non dirigenziali o di supervisione sono lievitati del 3,1% rispetto all’anno scorso. È stata la miglior performance da quasi un decennio e la prima volta, nel periodo post-crisi, che la marcia delle buste paga ha superato la soglia del 3 per cento. Nel settore privato il mese scorso i salari sono lievitati in media di 5 centesimi l’ora a 27,30 dollari. Né il fenomeno riguarda unicamente gli impieghi più qualificati. Numerose grandi aziende stanno alzando il salario minimo: l’ultima ad annunciarlo è stato il colosso del commercio elettronico e di internet Amazon, che da novembre offrirà 15 dollari l’ora ai dipendenti dei propri magazzini anziché 12,50 dollari.
La schiarita non elimina quella che è stata una faticosa ascesa dei salari al confronto con precedenti simili fasi di ripresa: questi stessi compensi per impieghi “blue collar”, ancora alla vigilia del Duemila, crescevano al ritmo di oltre il 4% l’anno. Allora erano sostenuti da una produttività che adesso invece latita e appare orfana di tecnologie che la spronino.
I robusti dati occupazionali, nel loro insieme, dovrebbero tuttavia confermare la politica monetaria della Federal Reserve per rimuovere stimoli, caratterizzata da ulteriori graduali rialzi nei tassi d’interesse a cominciare da un intervento al suo vertice di dicembre. Questo nonostante le pressioni e gli attacchi messi in campo da Donald Trump, che ha esplicitamente chiesto che la Banca centrale cessi la manovra di rialzi e ha accusato il suo chairman Jay Powell di danneggiare l’economia.
In ottobre, il tasso di partecipazione alla forza lavoro nella cruciale fascia di età compresa tra i 25 e i 54 anni ha continuato a progredire, pari all’82,3 per cento. Il 79,7% di questi americani ha oggi effettivamente un impiego. Entrambe queste soglie sono tornate ai livelli migliori dalla recessione del 2008.
Il progresso dell’occupazione americana dovrebbe trasformare l’intero 2018 nel terzo miglior anno dalla crisi, con finora 2,1 milioni di posti creati, alle spalle solo del 2014 e 2015 sotto la presidenza di Barack Obama. A trainare la marcia dei posti di lavoro, nell’ultimo anno hanno contribuito sia i servizi professionali per le aziende che la sanità, come anche il settore manifatturiero e quello delle costruzioni. Il malessere sociale però non è svanito, anche al di là del dibattito sui salari. La disoccupazione, tra chi ha solo o neppure un diploma liceale, è ancora in aumento ed è tripla rispetto agli americani che vantano una laurea. Chi è disoccupato, inoltre, lo resta tuttora per un periodo più lungo di quanto appaia coerente con il clima di piena occupazione, in media 9,4 settimane.
La Casa Bianca ha celebrato l’exploit del lavoro in settembre. «Numeri incredibili», ha twittato Trump. E Ivanka, figlia e consigliere del presidente impegnata nella missione di promuovere la qualificazione professionale, ha preso in prestito le esclamazioni paterne, a sua volta rivendicando una «grande crescita del lavoro + salari!». Trump ha concluso anche lanciando un appello agli elettori a votare per il suo partito repubblicano nelle elezioni di Midterm di martedì prossimo.