Lavorazione del terzista, cessione non imponibile
È una cessione intracomunitaria non imponibile Iva quella che prevede il trasferimento dei beni in uno Stato membro diverso da quello del cessionario per l’esecuzione di una lavorazione da parte di un terzista incaricato dall’acquirente, al termine della quale i beni sono spediti al cessionario/committente nel paese in cui questi è stabilito. E ciò, anche se il cessionario è identificato, oltre che nel proprio paese di stabilimento, anche nello Stato Ue in cui è eseguita la lavorazione. Questo, in sintesi, il principio di diritto (10/2018) contenuto nella risposta disponibile da ieri sul sito delle Entrate. In pratica, è ribadita la validità delle conclusioni della circolare n. 13 del 1994 (paragrafo 16.4, caso 2a), a loro volta confermate dalla circolare n. 145/1998, la cui portata è ora estesa al caso in cui il cessionario – che è anche il committente della lavorazione nello Stato verso il quale i beni sono trasferiti dall’Italia – si sia identificato (o abbia nominato un rappresentante fiscale) nello stesso Stato in cui la lavorazione è eseguita. Secondo l’agenzia, infatti, i beni hanno comunque come destinazione finale il paese dove il committente/ acquirente dei beni è stabilito, mentre nello Stato della lavorazione essi sostano solo temporaneamente. Inoltre, è coerente con tale orientamento il fatto che la proprietà dei beni è trasferita al cessionario nel paese di destinazione (finale) degli stessi.
Partendo da tali concetti, è possibile svolgere qualche considerazione “a caldo”. La prima riguarda la conseguenza che occorrerebbe trarre laddove, diversamente dal caso esaminato, le parti avessero pattuito che il trasferimento della proprietà dei beni avvenga nello Stato della lavorazione anziché, come paiono indicare le Entrate, in quello dove è stabilito il cessionario e dove sono destinati i beni dopo la lavorazione. In quest’ipotesi (le cui circostanze sarebbe bene far constare negli accordi contrattuali), pare logico sostenere che la cessione dall’Italia (sempre non imponibile) debba essere “diretta” alla partita Iva assunta dal cessionario/committente nel paese della lavorazione. Del resto, una cessione nei confronti di un soggetto comunitario che disponga la consegna dei beni acquistati in uno Stato membro diverso da quello di suo stabilimento, non in esecuzione di una operazione triangolare (dato che non v’è alcuna contestuale cessione nel paese in cui i beni sono trasferiti, ma solo una lavorazione), bensì per esigenze proprie dello stesso cessionario/committente, dovrebbe avvenire indicando la posizione Iva assunta da detto soggetto nello Stato in cui i beni sono inviati a scopo di lavorazione.