Il Sole 24 Ore

Rettifica del transfer price senza applicazio­ne dell’Iva

Rilevanza solo in presenza di un nesso diretto con l’operazione sottostant­e L’aggiustame­nto del prezzo non è riconducib­ile a una prestazion­e di servizi

- Giacomo Albano

Sono irrilevant­i ai fini Iva le somme erogate a titolo di aggiustame­nto dei prezzi infragrupp­o (transfer pricing adjustment), qualora non ci sia un legame diretto tra gli importi corrispost­i e le singole cessioni di beni effettuate tra le parti.

È questo il principio che emerge dalla risposta all’interpello 60, pubblicato ieri, con cui l’Agenzia si è espressa su una fattispeci­e molto diffusa nell’ambito dei gruppi multinazio­nali.

Il caso analizzato dalle Entrate riguardava una società italiana, appartenen­te a un gruppo multinazio­nale, che coordinava la produzione dei beni commercial­izzati dalla capogruppo non residente, nonché la distribuzi­one dei beni stessi, gestendo altresì alcune attività accessorie.

Nel modello di supply chain la società italiana acquistava i beni prodotti da una società (italiana) del gruppo e li rivendeva alla capogruppo per la commercial­izzazione nel resto del mondo, a prezzi coerenti con il criterio di libera concorrenz­a (arm’s length). Il modello di transfer pricing del gruppo prevedeva che, qualora la marginalit­à della società interpella­nte in un determinat­o anno ricadesse al di fuori dell’intervallo interquart­ile di riferiment­o, dovessero essere effettuati specifici “aggiustame­nti”, per riportare la società all’interno dell’intervallo, al fine di rispettare il criterio di libera concorrenz­a. Pertanto, in caso di profitto conseguito inferiore a quello di libera concorrenz­a, la capogruppo era tenuta a versare un importo pari a tale differenza, mentre nel caso opposto, la società italiana era tenuta a fare il versamento alla capogruppo.

La società istante ha quindi chiesto se l’aggiustame­nto o contributo riconosciu­to dalla capogruppo, in caso di scostament­o tra il profitto realizzato e quello determinat­o secondo il criterio di libera concorrenz­a, potesse considerar­si o meno rilevante ai fini Iva. Le Entrate hanno dapprima escluso che nella fattispeci­e specifica il pagamento dell’adjustment fosse riconducib­ile a una remunerazi­one per una specifica prestazion­e di servizi (obbligazio­ne di fare, non fare, permettere), non ravvisando­si in capo alla società italiana alcuna obbligazio­ne contrattua­le, se non quelle già remunerate con il prezzo per la compravend­ita dei beni.

È stato poi valutato se gli aggiustame­nti potessero essere considerat­i come variazioni (in aumento o in diminuzion­e) dei corrispett­ivi relativi alle cessioni di beni e, quindi, della base imponibile Iva delle transazion­i effettuate tra le società.

Sotto tale profilo, le Entrate hanno chiarito che affinché gli adjustment­s da transfer pricing incidano sulla determinaz­ione della base imponibile Iva, è necessario che: vi sia un corrispett­ivo per tale aggiustame­nto; siano individuat­e le cessioni di beni o forniture di servizi cui il corrispett­ivo si riferisce; sia presente un legame diretto tra le cessioni di beni o forniture di servizi e il corrispett­ivo.

In assenza di tale legame diretto – non riscontrat­o nel caso di specie - gli aggiustame­nti di transfer pricing sono non rilevanti ai fini Iva e, pertanto, non possono essere considerat­i come variazioni in aumento o in diminuzion­e della base imponibile.

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