Utu rivoluziona il modello del tax free
«Le lampadine non sono state inventate dai produttori di candele, la televisione non è stata introdotta da chi vendeva radio: non possiamo aspettarci innovazioni radicali, che cambiano le regole del gioco, da chi un gioco l’ ha inventato ». Asad Jumabhoy introduce così lo spirito dell’azienda che ha appena creato, Utu, e che punta a una disruption, aggiunge, nel modello di business deltaxf ree, grazie alla tecnologia. Da sempre ossessionato dal pericolo di fossilizzarsi su un’idea, per quanto geniale, e, più in generale, sul metodo del “pensiero unico”, Asad Jumabhoy, forse anche per merito della sua formazione di matematico, prima che di manager, ha passato la vita a mettere in discussione quello che faceva.
Originario di Singapore, nel 1999 diede vita, con un complesso processo di M&A, a Global Refund, poi Global Blue, a oggi principale operatore dei servizi di tax free shopping nel mondo. A Jumabhoy si deve l’invenzione del Dcc (dynamic currency conversion), sistema che permette ai possessori di carta di credito di pagare anche all’estero nella valuta del loro Paese d’origine. «Lasciai Global Blue nel 2012, quando ne ero il secondo azionista, e decidemmo di vendere a un fondo di private equity per circa un miliardo di euro – racconta il manager e imprenditore –. Nel 2014 entrai come azionista in Premier Tax Free (oggi Planet, secondo player dopo Global Blue, ndr), con un investimento di 220 milioni di euro: per due anni lavorai alla digitalizzazione della società e dopo 26 mesi vendetti la mia quota per 585 milioni». Ora la nuova avventura, Utu, che rappresenta un’ulteriore evoluzione dei servizi tax free: «Credo che il modo migliore di usare la tecnologia sia di applicarla allo snellimento di ogni processo,a tutto vantaggio, nel caso del tax free, delle strutture aziendali, sempre più leggere e flessibili, e soprattutto dei clienti finali e del loro tempo».
Alessandro Ciambrone, senior vice president di Utu, che in passato aveva lavorato con Asad Jumabhoy in Global Blue, ha seguito con interesse la start up italiana Stamp (si veda anche Il Sole 24 Ore del 4 ottobre), a sua volta impegnata a costruire un modello “digital only”. «I ragazzi di Stamp stanno facendo un buon lavoro, noi però abbiamo ambizioni globali, anche se partiremo proprio dall’Italia e dall’Europa», spiega Ciambrone. «Grazie alla semplificazione di ogni anello del processo che porta alla restituzione ai turisti di Iva o tasse equivalenti– sottolinea Jumabhoy – potremo assicurare il 100% del rimborso al momento dell’acquisto, non dopo settimane o mesi. Non ci sarà alcun bisogno di compilare lunghi e noiosi moduli, avverrà tutto tramite smartphone, con pochi passaggi. Una procedura che farà risparmiare tempo a tutti: negozianti e clienti finali, indipendentemente dall’entità dell’acquisto». Consapevoli delle differenze di tassazione nei diversi Paesi,Jum ab hoye Ciambrone puntano inoltre a usare la tecnologia per dare informazioni utili e per aiutare a programmare i tour di shopping, con indicazioni sulle location dei vari marchi nelle città. «In inglese usiamo la parola seamless: letteralmente, significa senza cuciture, proprio come Utu. Una specie di morbido e confortevole tessuto senza alcun tipo di interruzione, sul quale si muovono clienti, negozianti e grandi brand», conclude Asad Jumabhoy.