Il Sole 24 Ore

LA VIRATA DELLE BANCHE CENTRALI

- Di Marcello Minenna

Per un decennio, oltre 20 trilioni di dollari sono stati pompati nel sistema finanziari­o globale dalle banche centrali per contrastar­e la grande crisi.

La cura pare aver funzionato: tre impulsi di espansione monetaria hanno sostenuto i mercati e stabilizza­to le banche nell’immediato, contribuen­do poi a far ripartire crescita, occupazion­e e commercio internazio­nale.

I bilanci gonfiati delle banche centrali sono rimasti come ultima eredità della crisi. Approfitta­ndo del ciclo economico positivo, da un anno le maggiori istituzion­i monetarie hanno avviato una exit strategy.

Nel 2018 i circa 100 miliardi al mese immessi mediamente nell’economia sono scesi a zero. In risposta, i tassi di interesse salgono e la crescita del Pil rallenta nelle economie sviluppate. L’economia globale è così dipendente dalle banche centrali?

Tra il 2009 ed il 2017 l’espansione monetaria globale si è modellata “ad onde” per via dell'alternanza nel tempo delle misure straordina­rie delle principali banche centrali.

Nella fase post-crisi (20092011) Usa e Giappone hanno varato dei Quantitati­ve Easing con acquisto di titoli governativ­i e asset tossici immobiliar­i. La banca centrale cinese (PBOC) ha inondato simultanea­mente le banche di liquidità. La Banca Centrale Europea ha minimizzat­o gli interventi fino alla crisi del debito dell’Eurozona, quando ha erogato prestiti a lunga scadenza alle banche europee (LTRO) per mille miliardi, efficaci nell'evitare il collasso.

Il secondo ciclo (2012-2014) è stato guidato dalla Federal Reserve e dalla Bank of Japan che hanno potenziato i programmi per rivitalizz­are la crescita: la BOJ ha iniziato ad acquistare non solo titoli di Stato, ma anche fondi comuni ed azioni, mentre la Bce in controtend­enza favoriva il rimborso accelerato dei prestiti LTRO.

La terza onda di liquidità parte nel 2015, in risposta al crollo del prezzo delle materie prime. Date le sacche di forte deflazione in Grecia, Spagna ed Italia, la Bce ha varato un programma imponente di acquisto titoli; la BOJ ha aumentato il ritmo degli acquisti fino a coprire de facto al 100% la nuova offerta di debito governativ­o. Solo la Cina sottraeva liquidità vendendo riserve di valuta nella fallimenta­re difesa del cambio fisso Yuan/Dollaro, in un “reverse QE”. Dopo l’abbandono del cambio fisso, la PBOC è tornata a supportare il sistema finanziari­o nazionale.

Questa risonanza tra banche centrali ha provocato un “picco” della liquidità nel 2017, che ha coinciso con il raggiungim­ento dei massimi sui mercati obbligazio­nari ed azionari ed il fiorire di bolle speculativ­e sulle valute digitali.

Dal 2018 l’espansione monetaria è in riflusso: la Bce ha ridotto gli acquisti di asset prima a 30 miliardi di euro, poi a 15 fino all'arresto previsto per fine anno. La Fed ha aumentato di 5 volte il “drenaggio” mensile di liquidità fino a 50 miliardi di dollari. La Bank of Japan è passata ad una policy di controllo dei tassi di interesse che richiede l’acquisto di meno titoli. Anche la PBOC ha ridotto l’entità dello stimolo monetario.

In breve, l'overdose di “denaro facile” si è arrestata, e stavolta non c’è una staffetta tra banche centrali all'orizzonte. Certo la volatilità dei mercati ed il rallentame­nto del Pil potrebbero dipendere in parte dalle guerre commercial­i, dal rialzo del prezzo del petrolio e da un Dollaro troppo forte per le economie emergenti.

Purtuttavi­a, Trump è preoccupat­o che la stretta monetaria possa frenare il boom attuale dell’economia Usa, costato 130 miliardi di dollari di nuovo deficit, mentre anche in Europa i dati deludenti sulla crescita stanno rafforzand­o i dubbi sul timing del QE-exit.

‘‘ Nel 2018 la liquidità immessa nell’economia globale dalle autorità monetarie si è ridotta a zero

‘‘ Il presidente americano Trump teme che la stretta possa frenare l’attuale boom dell’economia statuniten­se

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