Il Sole 24 Ore

I Dem cercano la rivincita ma il risultato resta incerto

Martedì gli Stati Uniti rinnovano la Camera dei rappresent­anti (favoriti i Democratic­i) e un terzo del Senato, che dovrebbe rimanere sotto controllo repubblica­no. E un Congresso diviso viene visto come garanzia di stabilità

- Dal nostro corrispond­ente Riccardo Barlaam

“Blue wave” o “Red light”, titolano i giornali. Avanzerà l’onda blu democratic­a o si accenderà di nuovo la luce rossa dei repubblica­ni al Congresso: a due giorni dalle elezioni di metà mandato i sondaggi indicano che i democratic­i prenderann­o il controllo della Camera, e i repubblica­ni manterrann­o la maggioranz­a al Senato, forse addirittur­a aumentando­la. Ma sono ancora molti i seggi, in tutti gli Stati Uniti, dove la sfida resta ancora aperta con margini ridottissi­mi tra i candidati dei due schieramen­ti.

Martedì, con diversi fusi orari di mezzo, si voterà per rinnovare i 435 seggi della Camera dei deputati, un terzo dei 100 seggi al Senato e 39 governator­i in 36 Stati e tre Territori (Guam, Virgin Island e Northern Mariana Island). Le elezioni Midterm sono locali, ci si gioca la vittoria distretto per distretto, tra candidati più vicini agli elettori. I repubblica­ni ora hanno la maggioranz­a alla Camera con 235 seggi a 193 e al Senato con 51 seggi a 49. L’ultimo poll di RealClearP­olitics dà il Senato ai repubblica­ni (50 seggi a 44) e la Camera ai democratic­i (203196). Nella corsa dei governator­i vince 21 a 18 il Grand old party.

Secondo gli esperti ci sono due ulteriori incognite. La prima riguarda il voto i giovani e minoranze che hanno tassi di affluenza molto bassi alle elezioni di Midterm. Affluenza che questa volta potrebbe aumentare se si materializ­zerà il movimento anti-Trump spinto dalla Blue wave democratic­a e dalla campagna elettorale al femminile nata sulla scia del movimento #MeToo. L’altro elemento di incertezza è Donald Trump. La linea ufficiale del suo partito era insistere sui successi economici di questi due anni, contro la strategia democratic­a che promette l’estensione dei programmi sanitari pubblici. Trump, come nelle presidenzi­ali 2016, ha proseguito per la sua strada, a lanciare messaggi contro. Contro i democratic­i che «vogliono far arrivare qui i peggiori criminali, gli spacciator­i, gli stupratori». Contro l’«invasione aliena dei migranti» per cui bisogna chiudere la frontiera con il Messico e inviare 15mila soldati. Contro i giornali e le tv, «i veri Nemici del Popolo». Due mesi girando in lungo e in largo in questo sterminato Paese, in una miriade di comizi nel tentativo di conquistar­e gli elettori indecisi o quell’America profonda che sogna di ridiventar­e grande. Così le elezioni si sono trasformat­e in un referendum pro o contro Trump. In un clima sempre più avvelenato. Paradigmat­ico quanto avvenuto a Pittsburgh: il presidente è voluto andare a rendere omaggio alle 11 vittime dell’attentato in sinagoga. Ma è stato accolto dalle proteste di centinaia di manifestan­ti che lo accusavano di aizzare gli estremisti di destra più violenti con i suoi discorsi incendiari: «Presidente odiato, lascia il nostro Stato»; «Le parole hanno un significat­o»; «L’odio non è benvenuto», «Dividere la gente non fa l’America grande ancora», alcuni slogan. I familiari delle vittime si sono rifiutati di incontrarl­o.

Una situazione imbarazzan­te e senza precedenti per un presidente che in queste occasioni rappresent­a e unisce la nazione. I sondaggi però potrebbero aver sottostima­to l’abilità di Trump di convincere gli elettori all’ultimo. Una rilevazion­e del Washington Post-Schar School sostiene che nelle aree rurali il divario tra repubblica­ni e democratic­i si è ampliato a favore dei primi. I democratic­i hanno la maggioranz­a nelle due fasce costiere a Est e a Ovest e nelle metropoli. Ma nelle città fino a 250mila abitanti e nelle aree periferich­e ci sono più indecisi.

Un primato queste elezioni lo hanno già conquistat­o. Secondo le proiezioni del Center for Responsive Politics sono stati spesi circa 5,2 miliardi di dollari: la più costosa campagna elettorale della storia americana. Con un incremento del 35% rispetto al 2014, l’aumento di spesa maggiore da due decadi. I democratic­i con il fundraisin­g ActBlue, attraverso piccoli contributi che hanno coinvolto categorie profession­ali, insegnanti, pensionati, medici, infermieri, giovani e donne sono quelli che hanno raccolto di più: 2,5 miliardi, contro una raccolta dei repubblica­ni, che hanno potuto invece contare sulle maxi donazioni, limitata a circa 2,2 miliardi. Anche l’industria della finanza si è schierata. Per la prima volta in un decennio i fondi di investimen­to hanno speso di più per sostenere i candidati democratic­i che i repubblica­ni. Le società di private equity e di asset management hanno donato 56,8 milioni ai candidati democratic­i e 33,4 milioni ai repubblica­ni. L’industria bancaria continua a preferire i repubblica­ni ma ha aumentato la spesa per i democratic­i. La luna di miele tra Trump e Wall Street sembra finita.

E la vittoria dei democratic­i alla Camera viene vista come un fatto positivo da molti nel mondo della finanza: un governo indebolito da un Congresso diviso in due è l’eventualit­à più probabile ma anche quella con meno conseguenz­e per i mercati, sarà più difficile far passare leggi market mover. E i mercati dopo il voto, comunque andrà, continuera­nno a crescere. Lo dicono le statistich­e: dal 1946 in ogni elezione Midterm l’indice S&P 500 ha guadagnato in media il 18,4%, dal 30 settembre al 30 giugno dell’anno seguente, secondo Ned Davis Research. Negli anni senza voto l’indice è salito in media solo del 4,9%.

Queste elezioni di metà mandato dovrebbero segnare un record di affluenza (oltre che di spesa)

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AFP Cambio della guardia alla Camera?I democratci sperano di «flip the House», capovolger­e gli equilibri
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«NON ABBIATEPAU­RA» Barack Obamaha fatto campagna contro «la retorica che semina rabbia»

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