Il Sole 24 Ore

«Da millenni è la fiducia a custodirne il valore»

- Marco Ferrando

Loro è la evidente di quanto conta la fiducia di tutti in un sistema di regole e valori ». Per questo da 6 mila anni è emblema e metafora del mercato :« Da sempre la gente ha fiducia nel fatto che l’ oro sia una riserva di valore. Per questo le personelo comprano e lo regalano, le banche centrali lo accumulano: tutti sono così consapevol­i del valore che esso esprime da attribuire un prezzo superiore a quello derivante dagli usi per cui può essere speso». Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’ Italia e presidente d el l’ Ivass, pochi mesi fa all’oro ha dedicato un libro che ne esplora la storia, i significat­i, gli utilizzi, le dinamiche di mercato. Tante facce di un mondo in cui la rarità è solo una componente di un successo e un fascino che va ben oltre le sue virtù materiali: «In fondo l’ oro non è l’ unico materiale raro, odi grande bellezza. Ma è quello che da sempre esercitala maggiore attrazione sull’ uomo. Forse perla fiducia che da millenni sa alimentare».

Dopo una fase di indebolime­nto, ora sembra di assistere a un ritorno di interesse. La stupisce? No, perché in realtà l’interesse non è venuto mai meno. Se uno guarda attraverso i decenni vede che c’è stata un’oscillazio­ne ampia nel prezzo, è vero, mal aline adi tendenza sottostant­e è stata sempre quella di una grande attribuzio­ne di valore.

Non a caso si torna a comprare oggi che i mercati paiono indirizzat­i verso una fase assai incerta. Tutti i beni rifugio sono contro ciclici. Ci si rifugia nell’oro, o nei diamanti, quando la sorte dei pezzi di carta è più incerta: l’aumento della volatilità finanziari­a genera interesse per ciò che è opposto.

Nel ritorno all’oro c’è una critica alla finanza, sempre più complessa e dematerial­izzata?

Non credo. La finanza moderna, che è fatta ormai di bit, è imprescind­ibile. Non si può tornare ad asset solo materiali o magari addirittur­a al baratto: vorrebbe dire che si torna indietro nello sviluppo. Non c’è alternativ­a tra materialit­à e immaterial­ità ma piuttosto la riscoperta della loro complement­arità in tempi di grande incertezza.

Fa impression­e pensare alla riscoperta dell’oro in tempi di blockchain.

Nel XVIII secolo l’abate Galiani aveva ipotizzato un grande registro unico per gli scambi di una comunità, governato da un sovrano illuminato: è stata una prefiguraz­ione della blockchain, che però non prevede autorità centrali ma una validazion­e universale a cui ci si sottopone in autonomia. La finanza cambia pelle ma alcune costanti, come l’oro, sono sempre là.

L’oro fa gola, e per questo periodicam­ente riemerge l’ipotesi di mettere a fattor comune le riserve della Banca d’Italia. Una tesi che lei smonta categorica­mente nel suo libro.

Sì, e il motivo principale ce l’ha insegnato ancora la storia: l’oro conserva il suo valore solo se non si cerca di spenderlo in grandi quantità. Ci provarono anche i nazisti nella seconda guerra mondiale, ma scoprirono che è difficile, molto difficile.È un chiaro invito a lasciare intatta la quarta riserva mondiale di cui l’Italia tuttora dispone.

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SALVATORER­OSSI Il dg di Banca d’Italia per Il Mulino ha pubblicato il volume «Oro»

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