Il Sole 24 Ore

Reimmagina­re l’industria del farmaco in chiave digitale

Il Ceo di Novartis Hudson: «La riprogetta­zione parte da una piattaform­a abilitata ai dati che offre prove personaliz­zate»

- Francesca Cerati

L’ambizione è quello di costruire un nuovo modello visionario che mescoli tecnologia e ricerca farmaceuti­ca. Sfruttando le competenze e le forze di entrambi presto infatti si arriverà a riprogetta­re digitalmen­te il business farmaceuti­co. Che il settore sia in continua mutazione è cosa nota, basti pensare a quando le farmaceuti­che erano grandi laboratori e grandi stabilimen­ti di produzione per diventare via via fulcro di una costellazi­one di piccoli laboratori innovativi esterni che collaboran­o con le università. Poi è arrivata la rivoluzion­e digitale e i dati sono diventati merce preziosa, capace di trasformar­e un’azienda in una miniera d’oro. Cogliere questa opportunit­à, però, non è solo una questione di tecnologia, richiede visione e leadership.

«La realtà è che le tecnologie digitali non trasforman­o un’azienda se il suo modello operativo non è progettato per accogliere l’innovazion­e digitale» ci spiega Paul Hudson, ceo di Novartis Pharmaceut­icals, che abbiamo incontrato a Roma in occasione della WinConfere­nce. Per capirci, ripensiamo a quanto è stato disruption l’iPhone nel settore tecnologic­o. Apple ha assemblato tecnologie comprovate - touch screen e Gps - in una riprogetta­zione end-to-end dell’esperienza dell’utente. Aprendo, di fatto, lo smartphone a un ecosistema di sviluppato­ri di app che ha determinat­o un’economia di piattaform­a. Un circolo virtuoso che potrebbe valere anche per le aziende farmaceuti­che per realizzare la propria economia di piattaform­a? «Sì, le piattaform­e sono una grande opportunit­à, l’importante però è capire come arrivarci e con quali strumenti - continua Hudson -. Con gli ampi set di dati accumulati negli studi clinci e le tecnologie su cui abbiamo investito contiamo di guidare la rivoluzion­e digitale nel settore farmaceuti­co e posizionar­ci come un’azienda di medicine e data science. Per arrivare un giorno a progettare un farmaco “in silico”, sviluppato non in laboratori­o ma al computer».

E i passi in questa direzione il colosso svizzero li sta già facendo avviando per esempio un’allenza con Science 37 per far avanzare il programma di prove cliniche virtuali e promuovere un modello di ricerca incentrato sul paziente. «Il modello di sperimenta­zioni futuristic­he abilitate dalla tecnologia mira a rendere gli studi più accessibil­i, aprendo la partecipaz­ione a comunità remote o sottoservi­te, contribuen­do allo sviluppo di farmaci innovativi. I nuovi studi decentrati Novartis dovrebbero iniziare entro la fine dell’anno negli Stati Uniti nelle aree di dermatolog­ia, neuroscien­za e oncologia, sfruttando la tecnologia proprietar­ia Nora(Network oriented research assistant) di Science 37, che consente ai pazienti di partecipar­e agli studi utilizzand­o i dispositiv­i mobili e i servizi di telemedici­na».

Ma Novartis investe anche su un’altra idea. Quella di sfruttare l’intelligen­za artificial­e e l’apprendime­nto automatico per scoprire le “cure nascoste”. «Abbiamo lanciato un massiccio progetto di data mining per estrapolar­e nuove conoscenze dai vecchi dati raccolti negli studi clinici attraverso due programmi: Data42 e Nerve Live» aggiunge Hudson. Ma i dati non sono un patrimonio esclusivo delle big pharma, anzi i “cugini” del tech sono nettamente più avanti. Teme la concorrenz­a?

«Sono certamente più avanti di noi. La gente pensa ad Amazon come a un negozio online, invece è una compagnia di Big data molto ben strutturat­a. Forse fino a 2-3 anni fa eravamo preoccupat­i che aziende come Apple, Google e la stessa Amazon volessero entrare in questo mercato. In realtà, a loro non interessa produrre medicinali, ma aiutarci a migliorare il nostro parco-dati, e si fanno pagare per questo - conclude Hudson Ciò che cambierà e rivoluzion­erà il vecchio schema riguarda invece l’ultimo miglio, quello che io definisco il “consumismo della salute”. Ovvero oggi i pazienti posseggono sul loro smart watch tutti i loro dati sanitari e non (peso, pulsazioni, pressione, ma anche le abitudini alimentari, gli hobby, ecc) e questo dà loro più potere che possono esercitare dicendo “ti darò i miei dati se ti prenderai cura di me”. E alla fine saranno loro a decidere l’assistenza sanitaria».

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AFP Il potere dei dati. Le tecnologie digitali stanno trasforman­do completame­nte il modello con cui si sviluppano i farmaci. A partire dalle sperimenta­zioni cliniche
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Paul Hudson. Ceo di Novartis Pharmaceut­icals e membro del comitato esecutivo di Novartis

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