La missione dello sport e il ruolo della politica
Lo sport italiano non deve servire alla politica, né vecchia né nuova. All’Italia invece serve una moderna politica per lo sport. L’intervento con cui il Governo giallo-verde intende rimodulare l’amministrazione dello sport tricolore, trasfuso nella bozza di legge di bilancio sottoposta all’approvazione del Parlamento, è un segnale di attenzione che il settore non riceveva da anni. Al sottosegretario Giancarlo Giorgetti va dato atto di aver dimostrato coraggio. Quel che non convince però è la perentorietà di una riforma unilaterale e che, essendo stata imperniata sul trasferimento della cassaforte dello sport tricolore (370 milioni sui 410 totali assicurati per il 2019) a una Spa di emanazione ministeriale, sembra avere più i connotati di un esercizio di potere “sovranista”, che di progetto innovatore. La nuova entità - denominata «Sport e Salute» - inoltre sarà chiamata a distribuire il 90% del budget, inclusi i 260 milioni alle Federazioni, con il rischio di alimentare dannosi clientelismi, del tutto analoghi a quelli che nelle intenzioni della Lega e del Movimento Cinque Stelle vanno spezzati nel rapporto tra le stesse Federazioni e la casa-madre Coni.
Ma prescindendo dagli aspetti tecnici su cui si potrà rivedere il testo e sperando che non ci siano riflessi negativi sulla candidatura Milano-Cortina 2026, il tema non è tanto il modello di gestione - in Francia (sia pure con qualche recente ripensamento) e in Spagna lo sport è amministrato in ambito governativo, mentre in Germania e Gran Bretagna operano Comitati olimpici indipendenti - quanto comprendere la visione che il nuovo Governo e i due partitiazionisti hanno dello Sport.
Se a Londra si sostiene solo lo sport d’élite, il Coni, con Giovanni Malagò, ha avuto un accento molto popolare, destinando risorse a tutte le discipline per allargare la base dei praticanti, al di là dei podi. Lo “Sport per tutti”, insomma. Lo stesso che sembra essere nei pensieri dell’attuale maggioranza. Ma allora, la politica - questa politica - evitando inutili scontri, ha il dovere di avviare subito e concretamente una riforma complessiva - scuole, impiantistica, legge 91 dell’81, professioni sportive - sancendo il principio che lo Sport (che si autofinanzia con il 32% del prelievo fiscale su club, palestre, eccetera) ha diritto a strategie che ne valorizzino le ambizioni di Industry e i benefici prodotti per welfare e sanità.