Niente paura
Leggo, rileggo, e non capisco nulla. Mi era venuta voglia di godermi il Foscolo poeta. Avevo preso in mano un’edizione economica. Leggevo: «Forse perché della fatal quïete/ tu sei l’immago a me sì cara vieni/ o sera! … / e mentre io guardo la tua pace, dorme/ quello spirito guerrier ch’entro mi rugge». Seguivo il ritmo dei versi; ma disgraziatamente mi cadde l’occhio su una nota a piè di pagina che, per il signicato «profondo» del componimento, rimandava a un libro di un tal Nicolò Mineo in uso nei corsi universitari: Foscolo, Bonanno editore, 2012, p. 81. Un salto in Biblioteca mi procurò un forte turbamento. Lessi: «Il livello inconscio di significato del messaggio è in questo caso assolutamente parallelo a quello conscio, tanto da funzionare come raddoppiamento di intensità del discorso che si costituisce come messaggio unico». Non erano le convergenze parallele di Moro, queste? Seguiva un altro sproloquio: «La seraquiete-morte è chiaramente interpretabile come immagine di pertinenza dell’universo materno. È la sicurezza e la stabilità della condizione intrauterina (…). Se la morte, quindi, a livello conscio, è certamente il “nulla”, a livello profondo è invece la protezione dalla vita (…). E l’immagine del
Sono sempre troppo bravi gli inglesi a trovare stili accattivanti per garantire
lettori non specialisti a libri di saggistica che non ispirano in prima battuta. Qui contenuto e forma vanno di pari passo. (s.sa)