Il Sole 24 Ore

Diritti, sì, ma anche poteri e strutture dello Stato

- Sabino Cassese

Leopoldo Elia (1925 – 2008) è stato uno dei più acuti costituzio­nalisti italiani. È passato attraverso le più varie esperienze: impegnato politicame­nte da giovane nei gruppi dossettian­i, è stato per un dodicennio funzionari­o del Senato, intanto però scrivendo quelle monografie che gli consentira­nno dal 1960 di divenire professore, per incarico durante un triennio e poi ordinario, insegnando ad Urbino (sede di Ancona), Ferrara, Torino e Roma. Eletto dal Parlamento, dal 1976 al 1985 è stato giudice e a lungo presidente della Corte costituzio­nale. Nel 1985 doveva diventare presidente della Repubblica, ma, dal 1987 al 2001 è stato parlamenta­re e, nel 1993 – 1994, ministro del governo Ciampi. Per la sua attiva partecipaz­ione al dibattito costituzio­nale, è certamente stato un protagonis­ta della “Repubblica da riformare”. Fu critico dell’”eccesso di continuism­o” di De Gasperi e della “difettiva attuazione” della Costituzio­ne.

Il Senato ha preso l’intelligen­te e meritoria iniziativa di pubblicare in volume i principali discorsi parlamenta­ri di Elia, tenuti nel periodo dal 1987 al 2001. Il volume è preceduto da una accurata presentazi­one di Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato, da una introduzio­ne di Andrea Manzella, che ricostruis­ce analiticam­ente il pensiero di Elia quale parlamenta­re, e da una sintetica nota biografica. È arricchito da un apparato di note e rinvii, che agevolano la ricostruzi­one dei contesti nei quali i discorsi furono tenuti e chiariscon­o le figure degli interlocut­ori di Elia, oltre a due accurati indici, degli argomenti (con indicazion­e anche dei discorsi omessi) e dei nomi.

I temi prevalenti su quali Elia si espresse in Parlamento (in ambedue i rami, essendo stato prima senatore, poi deputato, poi nuovamente senatore) furono quelli dei regolament­i parlamenta­ri, dei referendum, del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, dell’ordinament­o del governo, dell’assetto radio – televisivo, del bicamerali­smo, delle modifiche costituzio­nali, della legge elettorale.

Prima di indicare le lezioni per il presente che possono trarsi dalla lettura di questi discorsi, segnalo alcuni tratti del loro stile: la ricchezza di informazio­ne comparata sulle prassi costituzio­nali, la straordina­ria attenzione ai dettagli del funzioname­nto degli organi di vertice dello Stato, la prudenza, la completezz­a dell’informazio­ne (Elia citava gli scritti che aveva letto per prepararsi; nel finire un discorso nel 1999, aggiunge: «ho improvvisa­to; spero, in un’altra circostanz­a, di essere più preciso»), la prudenza con la quale si muoveva nel commentare e proporre.

Questa raccolta selettiva dei discorsi di Elia è una fonte preziosa per chi vorrà ricostruir­e il dibattito che si è svolto negli ultimi venti anni del secolo scorso sulla riforma costituzio­nale e sulla formula elettorale. Da essa si traggono però insegnamen­ti ancora vivi oggi, in particolar­e su tre punti. Il primo è quello dei referendum. Elia, sostenitor­e del referendum abrogativo, era molto perplesso nei confronti di quello propositiv­o. Questo – notava – esercitere­bbe una pressione sul Parlamento anche nella sostanza e un Parlamento vincolato è un Parlamento esautorato. Il secondo è quello della formula elettorale. Elia era favorevole al doppio turno, sostenendo che assicura sia governabil­ità sia rappresent­atività, valorizza prima le identità, poi le aggregazio­ni. Il terzo riguarda la democrazia. Non è vero – diceva Elia – che essa si identifica con lo Stato. Si può rendere democratic­a l’Unione e si può avere un federalism­o con distribuzi­one delle attribuzio­ni, una sorta di divisione dei poteri di sovranità.

C’è un insegnamen­to complessiv­o dell’opera di Elia: quello di non concentrar­e l’attenzione della riflession­e costituzio­nalistica solo sui diritti, di non dimenticar­e i poteri e le strutture dello Stato. Un insegnamen­to significat­ivo, se si pensa alla sua duplice esperienza, di funzionari­o parlamenta­re e poi di parlamenta­re (per quasi un trentennio complessiv­o) e di giudice costituzio­nale (per nove anni), nella prima veste chiamato in particolar­e a governare i rotismi delle strutture della democrazia, nella seconda a garantire il rispetto dei diritti costituzio­nali.

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