Bacchette di famiglia e interpreti nuovissimi
Una stagione di soli dieci concerti può rappresentare una sfida, perché esempio di alta concentrazione in uno spazio breve, e perché presuppone delle scelte nette e radicali. Tra i presupposti dei programmi della Filarmonica della Scala c’è sempre stato quello di guardare in avanti: sia dal punto di vista dei repertori, sempre più focalizzati sul Novecento storico, sia degli interpreti. Così anche quest’anno il cartellone affianca, accanto alla famiglia degli artisti legati da sempre all’orchestra (Gergiev, Chung, Gatti, Luisi, oltre che naturalmente Chailly, direttore principale) anche un buon numero di nomi nuovi, anzi: nuovissimi.
A Roma e a Torino, ad esempio, hanno conosciuto la fascinosa Mirga Gražinytė-Tyla, giovane direttore di origini lituane. Ma per la Scala il suo è un debutto. Nata a Vilnius, città che evoca la tradizione di cori meravigliosi, e attuale bacchetta numero uno della CBSO (City of Birmingham Symphony Orchestra, quella che rese famoso Simon Rattle) la musicista dal nome un po’ ostico da pronunciare sfoggia invece sul podio una semplice naturalezza di gesto, talora anche a mani nude (e pure a braccia nude, che audacia) tali da rendere ogni esecuzione estremamente fluida e trasparente. Per il concerto con la Filarmonica, il 25 marzo, ha scelto un impaginato francese, morbidamente evocativo, con Printemps e La mer di Debussy che incorniciano uno dei brani simbolici del teatro wagneriano, il Preludio dal Tristan und Isolde. Per non essere sola, in questa sfida tutta al femminile, ha chiamato con sé una paladina guerriera come Sol Gabetta, col suo violoncello che sorride, infallibile, di ricca cavata sonora. Insieme proporranno il raro Concerto di Lalo.
Il secondo podio al debutto con la Filarmonica è quello di Michele Mariotti, direttore ben conosciuto e amato dal pubblico della Scala, dove si è presentato in buca, spaziando da vari Verdi al recente Orphée et Eurydice di Gluck, ma che non aveva ancora varcato il cerchio simbolico della Filarmonica: il 27 maggio sarà il suo momento. La scelta dei due brani nel concerto sta già da sola a significare il peso e l’orientamento che il direttore di Pesaro, quarantenne (giusti 40 nel 2019: auguri) vuole imprimere alla speciale occasione. Infatti da un lato si guarda a un’icona del repertorio, come il Terzo, in do minore, di Beethoven, col pianoforte di Arcadi Volodos, dall’altro si punta a una composizione poco frequentata, ma significativa, come laSeconda Sinfonia di Charles Ives, che chiede compattezza strumentale e nel contempo duttilità e respiri dal nuovo mondo. Nuovi come i nomi dei due violinisti, di familiarità armena ma di scuole diverse, che suoneranno con Chung e Chailly: Sergey Khachatryan e Emmanuel Tjeknavorian, rispettivamente solisti nel Primo di Bruch e nel Concerto di Sibelius. Intrecciati con le arcate regali dei già incoronati Vengerov e Isabelle Faust donano alla Filarmonica un bel poker d’archi.