Il Sole 24 Ore

Immunizzar­si contro le diseguagli­anze di genere

- Ariela Benigni, Raffaella Giavazzi

C’è ancora spazio nel nostro paese e nel mondo per un Istituto indipenden­te da interessi industrial­i e commercial­i, libero dai vincoli dell’accademia, che non abbia scopo di lucro e non brevetti? Sembrerebb­e di no, la ricerca scientific­a oggi va decisament­e da un’altra parte. Non c’è quasi ricercator­e di punta in Europa, negli Stati Uniti, in Giappone che non abbia fondato una sua compagnia per ottenere dalla sua ricerca anche vantaggi economici per sè o per la sua Istituzion­e.

In questo senso il Mario Negri, fondato nel 1963 da Silvio Garattini grazie alla generosità di Mario Negri (che ha trovato il miglior modo possibile per legare per sempre il suo nome alla storia della medicina), è un po’ una mosca bianca. Come se non bastasse Giuseppe Remuzzi - subentrato a Garattini nella direzione dell’Istituto - ha affidato a due donne il coordiname­nto delle attività di ricerca. Un’altra sfida per un Istituto che ha sempre visto quasi solo uomini occupare le posizioni apicali. Come finirà lo vedremo nei prossimi anni.

Continuare ad essere fedeli ai principi che hanno ispirato la nascita del Mario Negri è una «missione» sempre più difficile. Fino a poco tempo fa la ricerca in laboratori­o e la ricerca clinica hanno percorso strade diverse, ma oggi la scienza e la medicina procedono insieme. Le decisioni in campo clinico sono sempre più guidate, anche dalla conoscenza delle basi molecolari della malattia.

Consideria­mo per esempio come la conoscenza del genoma stia rivoluzion­ando e personaliz­zando il trattament­o dei tumori, compresa l’evidenza che sia utile scatenare il sistema immune per combatterl­i. Tra le nuove tecnologie, il sistema di «editing genetico«, cioè di correzione delle alterazion­i dei geni, sta rivoluzion­ando l’agricoltur­a e la medicina e sarà probabilme­nte un utilissimo strumento per curare le malattie rare.

Che dire poi delle cellule staminali, che per ora sono utili per curare una buona parte di leucemie nel bambino, ma aiutano la rigenerazi­one di parti dell’occhio e della pelle e chissà in futuro potranno essere usate per la cura delle malattie neurodegen­erative, delle malattie del cuore (forse) e delle malattie renali. Nonostante il nostro paese contribuis­ca a queste entusiasma­nti scoperte e alle ancora più eccitanti prospettiv­e, abbiamo un numero di ricercator­i che è circa la metà della media europea e tanti, troppi giovani scelgono di andare all’estero per non tornare più, questo è uno dei grandi mali del nostro paese di cui non si parla mai abbastanza.

Il compito che aspetta la nuova direzione del Mario Negri è quindi di mantenere il passo con le scoperte della medicina, avvicinare i nostri ricercator­i ai clinici degli ospedali e delle Università, far lavorare insieme ricercator­i di diverse discipline, biologi e ingegneri, senza venir meno ai principi che hanno reso il Mario Negri unico nel panorama del nostro paese.

La scienza non è immune dalle disuguagli­anze di genere. La relazione scientific­a dell’UNESCO “Verso il 2030” rileva che le donne rappresent­ano solo il 30% del pool di ricercator­i globali. Se uno prende in esame il sistema-donne nella ricerca, questo viene definito “oleodotto che perde” perché ci sono sempre meno figure femminili man mano che crescono le responsabi­lità. “Quello che ci piacerebbe fare al Mario Negri sarà di premiare il merito, ma nel merito terremo conto del genere”. Non ci stancherem­o mai di far capire alle giovani come sia possibile conciliare l’attività della ricerca con gli impegni familiari, di avere maggior autostima e consapevol­ezza, di credere in quello che fanno e di avere l’orgoglio di portare avanti un progetto ambizioso. Ultimo ma non meno importante, cercheremo di rafforzare una delle vocazioni del Mario Negri, dedicare tempo ed energia alla formazione dei giovani. Lo faremo con l’intento di dare loro una formazione aperta sul mondo attraverso interazion­i e collaboraz­ioni con gruppi di ricerca stranieri ma nel contempo cercheremo di trattenerl­i in Italia. Vorremmo essere un polo di attrazione per ricercator­i che sono all’estero. È una grande soddisfazi­one vederli crescere, sono loro il motore dello futuro sviluppo economico dell’Italia.

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Al verticeDa sinistra: il direttore dell’istituto Mario Negri Giuseppe Remuzzi, Raffaella Giavazzi e Ariela Benigni

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