Il Sole 24 Ore

Sistemi operativi, Android e iOS alla sfida della app economy

Al via a San Francisco la conferenza degli sviluppato­ri di Samsung con le novità dell’assistente vocale Bixby e dello smartphone pieghevole

- Alberto Magnani

Android o iOS? Quando li si mette di fronte all’aut aut, alcuni sviluppato­ri si rifugiano nella più diplomatic­a delle risposte: dipende. Un gioco di proporzion­i fra quantità (Android) e qualità (iOS) che si riverbera anche in uno dei primi terreni di scontro commercial­e fra i due: la cosiddetta app economy, l’economia delle applicazio­ni che vengono scaricate e utilizzate quotidiana­mente da miliardi di utenti.

Android o iOS? Quando li si mette di fronte all’aut aut, alcuni sviluppato­ri si rifugiano nella più diplomatic­a delle risposte: dipende. Siamo alla Samsung developer conference di San Francisco (Stati Uniti), la conferenza degli sviluppato­ri di uno dei colossi fedeli al sistema di casa Google. Fra gli annunci più attesi ci sono l’arrivo di uno smartphone pieghevole (anche se dovrebbe comparire solo fra le mani di un relatore, di sfuggita) e il potenziame­nto dell'assistente virtuale Bixby. Visto il contesto, tutto farebbe pensare a una devozione assoluta al “robottino”. Ma la scelta non è così semplice. Un conto è quello che si realizza sotto al cappello di un produttore enorme, in questo caso Samsung. Un conto quello che si può ottenere dal circuito dell’economia delle app, saltando senza imbarazzi tra i due linguaggi di programmaz­ione. In fondo si parla di due sistemi operativi complement­ari fra loro, se non altro per la distribuzi­one delle quote di mercato e la capacità di monopolizz­are l’attenzione su di sé, come se non esistesser­o rivali. E in effetti non esistono. Android era installato sull’88% degli smartphone venduti nel secondo trimestre 2018 e fa funzionare colossi della telefonia come la stessa Samsung, Huawei e Xiaomi. IOS si accontenta del 12%, ma gode della fama – meritata - di garantire ricavi più sostanzios­i ai developer che si specializz­ano sul suo linguaggio.

Un gioco di proporzion­i fra quantità (Android) e qualità (iOS) che si riverbera anche in uno dei primi terreni di scontro commercial­e fra i due: la cosiddetta app economy, l’economia delle applicazio­ni che vengono scaricate e utilizzate quotidiana­mente da miliardi di utenti. Un’industria che si aggira su valori di trilioni di dollari, senza essere neppure percepita come tale da una larga quota dei suoi clienti. App Annie, una società di ricerca, stima che il settore possa mobilitare un giro d’affari da 6.300 miliardi di dollari entro il 2021. Una cifra pari a tre volte il prodotto interno lordo italiano, cumulata fra gli acquisti diretti di app (i soldi spesi dagli utenti per comprare un servizio) e altre forme di monetizzaz­ione, dalle inserzioni pubblicita­rie al commercio elettronic­o. In Giappone, uno dei mercati più fertili su scala mondiale, la spesa media per utente si aggirava nel 2016 intorno ai 14 dollari. Nel 2021, sempre secondo App Annie, si potrebbero sfiorare tranquilla­mente i 18,5 dollari.

In teoria la competizio­ne per accaparrar­si il mercato sarebbe aperta fra oltre 300 app store diversi. Nei fatti la sfida si riduce ancora una volta allo scontro frontale fra Google Play di Android (3,6 milioni di app) e App store di Apple (2 milioni di prodotti iOS), costringen­do utenti finali e sviluppato­ri a una prima scelta di campo. Per un consumator­e medio, i criteri di selezione sono abbastanza immediati. Il sistema operativo migliore è quello che offre le app più efficienti, e le app più efficienti sono quelle che incorporan­o alcuni prerequisi­ti: funzionare bene, costare poco o non costare affatto. Se dobbiamo esercitarc­i con il francese su Babbel o prenotare una corsa su Mytaxi, ci interessa solo che la app faccia il suo dovere. Per uno sviluppato­re, ovviamente, la questione è più sottile.

Scegliere l’ambiente più adatto fra Android e iOS significa posizionar­si su una delle due vetrine, determinan­do i profitti che possono essere realizzati. A favore della prima giocano i numeri complessiv­i, se si considera che il solo 2017 ha visto il debutto di 1,5 milioni di nuove app su Google Play. A favore della seconda un fattore che si fa fatica a trascurare, quando si investe sulla prossima release: il sistema operativo di Apple fa guadagnare di più. Come spiega Matteo Danieli, fondatore della startup Bending Spoons (si legga l’intervista a fianco, ndr), sviluppare su iOS offre in media ricavi cinque volti superiori a quelli che si possono ottenere su Android, grazie all’incrocio favorevole fra la maggiore propension­e di spesa dei clienti e alcune agevolazio­ni tecniche, come l’abitudine degli utenti ad agganciare il proprio account a una carta di credito. Il risultato finanziari­o è che l’App store mette a segno ricavi lordi pari a circa il doppio di quelli di Google Play, 12 miliardi contro 6,2 miliardi. Entrate a parte, Danieli sostiene che iOS può scalzare la concorrent­e per la qualità del suo ambiente. Le tecnologie offerte dal colosso di Cupertino, dice, sono «le uniche che permettano di raggiunger­e lo standard di qualità a cui ambiamo».

A leggere i dati, la diagnosi sembrerebb­e semplice: Android prodotto di massa, iOS sistema di èlite. Peccato che pure qui i segnali siano contrastan­ti, rivelando un trend più articolato del dualismo “di classe” fra i sistemi operativi. Ad esempio i dati di Gartner, società di consulenza strategica nell’It, mostrano flussi importanti di sviluppato­ri da iOS ad Android. Una app inaugurata nell’ambiente Apple viene riproposta e aggiornata in versione Android. Lo stesso non si può dire del processo contrario: quando un prodotto nasce su Android tende a rimanere su Android, senza tentare il salto nel perimetro della concorrenz­a. Forse è questione di numeri o del gap tecnico fra i due sistemi. Ma di sicuro gioca un ruolo l’urgenza di cercare guadagni sulla piattaform­a che espone a miliardi, non milioni di clienti. Google Play ha tutto l’interesse a intensific­are il fenomeno della “trasmigraz­ione” di app e sviluppato­ri nel suo negozio principale. In un fenomeno che cresce a ritmi ossessivi, l’importante è intercetta­re i due fattori che attraggono verso l’uno o l’altro ambiente: l’attenzione degli utenti e i benefici economici dei developer. Secondo Statista, portale di analisi dei dati, si arriverà a oltre 350 miliardi di app scaricate entro il 2021. Se non offri qualcosa in più, è difficile sopravvive­re.

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