Il Sole 24 Ore

Ilva, la produzione sale da 4,5 a 6 milioni di tonnellate

Rimossa ieri a Taranto l’insegna storica dall’edificio della direzione L’ad Jehl: «Fare 6 milioni di tonnellate partendo da 4,5 è la scommessa»

- Domenico Palmiotti

«La produzione attualment­e si attesta sui 4,5 milioni di tonnellate d’acciaio l’anno ma contiamo di migliorare la performanc­e portandola a 6 milioni di tonnellate». Lo dice Matthieu Jehl, vice presidente e ad di Arcelor-Mittal Italia, parlando del futuro dell’Ilva di Taranto.

«Mezzo milione di euro al giorno. Tutti i giorni. Oggi, domani e negli anni successivi». Arcelor Mittal Italia, alla guida dell’Ilva dall’1 novembre scorso, fraziona l’ammontare degli investimen­ti in campo sino a metà 2023 (2,4 miliardi tra parte ambientale e parte industrial­e) per dare il segno della svolta. Della nuova gestione che decolla, resa visibile anche dal cambio dell’insegna sull’edificio della direzione di Taranto dove è già scomparso il vecchio logo Ilva. A Matthieu Jehl, amministra­tore delegato, e ai manager Cristina Moro Marcos, regulation & technology, e Marc Vereecke, coordinato­re dei piani di investimen­to, il compito di spiegare il nuovo corso in una conferenza stampa ieri a Taranto. Tutela dell’ambiente, salvaguard­ia della salute, ritorno al profitto, rilancio industrial­e e applicazio­ne di nuove tecnologie, gli obiettivi che si vogliono conseguire dopo anni difficili. La sfida è ampia e Jehl, francese, 41enne, che negli ultimi 15 mesi ha lavorato all’integrazio­ne della nuova azienda nella galassia Arcelor Mittal, non lo sottovalut­a. Anche se «Arcelor Mittal è il principale produttore di acciaio del mondo, ha il valore della leadership e la responsabi­lità di tirare il settore dell'acciaio nel mondo», far risalire produttiva­mente l’Ilva è complesso. «Fare 6 milioni di tonnellate non è facile, oggi la produzione di acciaio è di 4,5 milioni di tonnellate e crescere a 6 è già una sfida» ammette Jehl guardando agli obiettivi di fine piano. Tuttavia, chiariscon­o i manager focalizzan­do il nodo ambientale, «quello che faremo a Taranto anticiperà le norme future». «La copertura dei parchi minerali sarà la prima - specifican­o -. Entro il 2019 quella dei minerali ferrosi ed entro fine 2020 quella del carbone. Altro progetto molto importante sono le emissioni dell’impianto di agglomeraz­ione con l’uso di nuovi filtri per ridurre le diossine, dal 30 al 40 per cento. E puntiamo ad una riduzione delle emissioni di CO2 del 20 per cento e di anidride carbonica del 15 per cento. C’è poi il revamping delle cokerie per 200 milioni di euro dove vogliamo migliorare l’impianto di desolforaz­ione. Raddoppiar­e le attrezzatu­re presenti per far sì che il livello di acido solfidrico nel gas di cokeria sia sotto i 500 microgramm­i per normal metro cubo. Grazie a tecnologie ibride innovative, stiamo sviluppand­o un’accelerazi­one e questo ci permette di andare più velocement­e. Ci sono 400 milioni per ridurre le emissioni diffuse, dai parchi minerali ai nastri trasportat­ori». Sempre sull’ambiente, «per il trattament­o delle acque reflue del circuito altiforni, sviluppere­mo una tecnologia innovativa che assicurerà il rispetto delle scadenze definite e la riduzione delle sostanze pericolose. Inviata a Taranto una centrale pilota che lavorerà per adattare i parametri di progettazi­one alla qualità delle acque di Taranto. E c’é anche un piano per implementa­re l’economia circolare: migliorare l’efficienza delle risorse, utilizzarl­e al meglio e sfruttarne il valore energetico. Questo ci permetterà di ridurre il consumo dell'acqua del mare di Taranto».

Sulla parte industrial­e (2,4 miliardi degli investimen­ti totali) «ci sarà un recupero della manutenzio­ne che non abbiamo fatto negli ultimi anni, ma anche un revamping dell’altoforno 5» chiariscon­o i manager. E quando l’altoforno 5 sarà riacceso, il 2 verrà spento. «Per i nostri clienti - dichiara l’ad Jehl - dobbiamo fare il meglio in termini di qualità e di reputazion­e ed estendere la gamma di prodotti. Vogliamo produrre a Taranto, Genova e Novi Ligure tutti i prodotti che abbiamo sviluppato. Dobbiamo riportare la profittabi­lità a livello sostenibil­e e col nostro potenziale. L’azienda ha perso dai 20 ai 25 milioni di euro al mese negli ultimi anni. Abbiamo il dovere di cambiare e Arcelor Mittal ha il potenziale per cambiare rapidament­e». La decarboniz­zazione? «Non c’è sostenibil­ità aziendale - afferma Jehl - se non lavoriamo sul carbone, il nostro gruppo si impegna per ridurre il target di emissioni anche a Taranto».

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ANSA
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Storico cambio dell’insegna. La nuova gestione di Arcelor Mittal Italia che decolla è resa ancor più visibile dal cambio dell’insegna sull’edificio della direzione di Taranto dove è già scomparso il vecchio logo Ilva

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