Il protezionismo Usa frena il Pil Crescita tedesca 2018 all’1,6%
Brexit, euroscetticismo e digitalizzazione sono le altre sfide per Germania e Europa
Dal nostro corrispondente Il protezionismo di Donald Trump, e di conseguenza l’impatto negativo che la guerra dei dazi sta avendo sul commercio estero e sulla crescita mondiale, emergono come i primi responsabili della brusca frenata della crescita tedesca, come evidenziati nel rapporto annuale pubblicato ieri dal Consiglio degli esperti economici del governo tedesco. I cinque saggi prevedono ora un aumento del Pil della Germania pari all’1,6% quest’anno, rispetto al 2,2% stimato l’anno scorso, e dell’1,5% nel 2019. «L’economia tedesca sta attraversando una delle sue più lunghe espansioni nel periodo post-bellico», hanno scritto i professori firmatari del rapporto (Christoph M. Schmidt, Peter Bofinger, Lars P. Feld, Isabel Schnabel, Volker Wieland), secondo i quali «tuttavia, un ambiente di commercio estero meno favorevole, problemi di produzione temporanei (l’impatto negativo della produzione nel settore automobilistico si avverte soprattutto nel terzo trimestre 2018 e non dovrebbe continuare nel quarto, ndr) le strozzature della capacità produttiva stanno rallentando il ritmo di espansione».
Le misure protezionistiche adottate dall’amministrazione Trump e le conseguenti ritorsioni per il Consiglio degli esperti non hanno tuttavia generato per ora un livello di guerra commerciale uguale agli anni 20 e 30.
La crescita 2018 nell’eurozona è stimata ora al 2% (era il 2,1% nel rapporto precedente) e all’1,7% nel 2019. La Ue dovrebbe reagire al protezionismo di Trump usando gli spazi di manovra dentro la Wto, viene auspicato.
In prospettiva, oltre al protezionismo di Trump, il rapporto identifica come grandi sfide per la Germania e l’Europa Brexit, la turbolenza nell’area euro che cresce ed è causata dai partiti euroscettici, come in Italia, la digitalizzazione e, a livello domestico, la crescita demografica. Serve una riforma delle pensioni in Germania per evitare che i pensionati baby boomers dal 2020 facciano aumentare le tasse.
In quanto alla Bce, il rapporto rileva come la politica monetaria nell’area dell’euro resti molto espansiva nonostante l’inflazione stia salendo. C’è dunque il rischio che la normalizzazione della Bce arrivi in ritardo: il processo di ritorno alla normalità va gestito bene per stabilizzare in via permanente l’area euro, è la raccomandazione degli esperti, i quali chiedono più chiarezza nel modo in cui il bilancio della Bce verrà gradualmente ridotto dopo il Qe. Il processo di normalizzazione della Bce va inoltre ac- compagnato da politiche fiscali dei governi europei più mirate alla sostenibilità, per aumentare i margini di manovra in futuro.
Sull’impennata dello spread dei Btp contro i Bund tedeschi, il rapporto sostiene che questa è la prova che la disciplina di mercato funziona ancora: il contagio rilevato lo scorso maggio è stato lieve e non si è ripetuto di eguale entità in settembre, ha spiegato Isabel Schnabel. Il rapporto consiglia la riduzione del debito pubblico quando molto alto. Quando un Paese rischia di perdere accesso ai mercati il rapporto ricorda la procedura - può rivolgersi all’Esm (fondo salva-Stati) ma in cambio dell’aiuto c’è la condizionalità, il rispetto di impegni futuri. Il rapporto vede con favore il potenziamento dell’Esm ma «la riforma va completata con un meccanismo di ristrutturazione ordinata del debito pubblico e il backstop all’Srf (il meccanismo di risoluzione unica, ndr) da attivarsi velocemente», puntualizza la Schnabel, secondo la quale «l’Italia con la manovra va contro le regole Ue e questo rende più difficile il progresso della condivisione dei rischi in Europa. L’Italia deve continuare il consolidamento dei conti, mentre nella bozza della manovra la maggiore spesa è mirata ai consumi non agli investimenti». Per questo i Cinque saggi propongono, come spiega Schnabel, «una nuova regola sulla spesa pubblica, “expenditure rule” che sarebbe meno pro-ciclica e più facile da adottare, in quanto la regola del deficit strutturale è difficile da valutare». Il rapporto va contro la transfer union e un aumento della condivisione dei rischi attraverso un’unione fiscale. L’unione bancaria va portata avanti ed è necessaria ma la garanzia unica dei depositi non può essere realizzata senza prima aver ridotto l’esposizione al rischio sovrano delle banche e il trattamento di favore riservato ai titoli di stato detenuti dalle banche.
FRANCOFORTE
Per gli esperti c’è il rischio che la normalizzazione della politica monetaria della Bce arrivi tardi