Il mercato discografico ringrazia lo streaming: +6%
«Tutto ciò che stiamo riscontrando è il risultato di un mutamento tecnologico e delle abitudini di consumo, ma è anche il portato degli investimenti che le major non hanno smesso di fare, anche nei periodi di crisi».
Per Enzo Mazza, presidente della Fimi, l’associazione delle major, nei dati dell’industria musicale dei primi nove mesi dell’anno – preludio di un consuntivo del 2018 che sarà in scia – c’è la cartina di tornasole di un mercato che, dopo uno stop tecnico nel 2017, ha ripreso a crescere. E si tratta della quarta volta in 5 anni. Il totale mercato “sell in” – le vendite delle imprese agli intermediari commerciali – è salito del 6% a oltre 92,3 milioni di euro. Di questo, il 56% è afferibile ai servizi streaming, da Spotify a Deezer, ad Apple Music. E la crescita della musica “liquida” è fin troppo evidente: 39 milioni di euro di vendite contro i 37 del fisico un anno fa; ora sono 51,5 milioni per lo streaming contro i 32,7 milioni di cd e altri supporti fisici.
Insomma, una nuova primavera per l’industria musicale italiana? «Direi di sì. Nel senso che ci sono artisti emergenti, molto giovani, che stanno avendo un grande successo, legato indubitabilmente alle nuove forme di consumo, e in particolare allo streaming. Fenomeni come l’urban (rap e trap) hanno ancora enormi margini di crescita».