«Questo incarico è un grande onore, ma non nascondo di essere preoccupato»
Andrea Enria, neo presidente della Vigilanza bancaria Bce, ha trascorso il pomeriggio nel suo ufficio di Londra, nella sede dell’Eba a One Canada Square. Quando lo hanno chiamato da Francoforte per informarlo della sua nomina al vertice della Vigilanza bancaria europea, ha ringraziato il suo interlocutore (sembra lo stesso Mario Draghi), ma senza fare domande: non ha neanche voluto sapere chi lo ha votato e quanti voti aveva preso in più rispetto al suo diretto concorrente, la vicepresidente della Banca centrale d’Irlanda Sharon Donnery. «Lo chiederò più avanti, a processo di nomina concluso», ha detto ai suoi collaboratori più stretti. La procedura europea, come è noto, prevede infatti che la nomina del nuovo chairman del Supervisory Board della Bce sia ratificata dal legislatore europeo, e fino a quel momento Enria non intende fare dichiarazioni o interviste. «Non mi sembra opportuno in questa fase, sia nei confronti di Daniele Nouy che dell’istituzione che rappresento» è il suo pensiero al riguardo. Comunque sia, una cosa è certa: l’ex dirigente di Bankitalia distaccato dal 2011 all’Eba è ben consapevole della portata della sfida che lo aspetta, tanto da far trapelare una giustificabile tensione. Ai suoi collaboratori l’ha messa in questi termini: «Per me questo incarico è un grande onore, ma non posso nascondere di essere anche preoccupato: abbiamo davanti un periodo non facile per le banche». Cinquantasette anni, laurea alla Bocconi, un master in filosofia a Cambridge, Enria è considerato abbastanza autorevole da non far pesare su di lui i sospetti di possibili favoritismi nei confronti degli istituti di credito italiani, tra i più in difficoltà a causa della crisi del debito pubblico. Ma quanto meno, le banche italiane hanno un interlocutore che le conosce meglio della Nouy.