Il Sole 24 Ore

Sul tavolo dell’Opec tornano i tagli alla produzione

Troppo repentino il calo delle quotazioni. Il Wti ha perso il 20% da ottobre

- Sissi Bellomo

Troppo petrolio, troppo in fretta. L’Opec e la Russia potrebbero aver sbagliato strategia ed essere costretti a fare marcia indietro. La possibilit­à di un ritorno ai tagli di produzione è di nuovo sul tavolo di discussion­e, ora che le quotazioni del barile stanno crollando e che la fine della campagna elettorale negli Usa ha tolto urgenza alla battaglia di Donald Trump per contenere i prezzi alla pompa.

Sarà un caso, ma le indiscrezi­oni sulle prossime mosse dell’Opec Plus hanno cominciato a piovere sul mercato proprio mentre oltre Oceano si contavano i voti per le consultazi­oni di Midterm. Il messaggio, trasmesso ad arte attraverso un gran numero di canali, è arrivato forte e chiaro: domenica ad Abu Dhabi si getteranno le basi per una nuova stretta alle forniture digreggio, che potrebbe essere approvata tra un mese a Vienna, al prossimo vertice dell’Organizzaz­ione, anche se non sarà facile far digerire alla Russia un ritorno ai tagli.

La riunione negli Emirati Arabi Uniti è di carattere tecnico. Aincontrar­si è l’organismo ristretto di cui fanno parte sei ministri della coalizione (compresi i più influenti, il saudita Khaled Al Falih e il russo Alexandr Novak), che periodicam­ente esamina le condizioni del mercato e l’adeguatezz­a della produzione. Domenica il gruppo non potrà ignorare l’evidenza: l’offerta di greggio è davvero tornata ad essere eccessiva, in gran parte proprio a causa di Arabia Saudita e Russia.

Da maggio Riad, pressata da Trump, ha aumentato la produzione di 700mila barili al giorno, Mosca ne ha aggiunti altri 440mila.Entrambe stanno pompando a livelli record: 10,7 mbg per i sauditi e 11,4 mbg per i russi. Davvero troppi, visto che anche la produzione Usa – nonostante i limiti di portata degli oleodotti – continua inesorabil­mente a salire: la settimana scorsa secondo l’Eia ha raggiunto addirittur­a 11,7 mbg, compresi i condensati, un livello che non ha eguali al mondo.

Anche altri Paesi hanno accelerato le estrazioni, alcuni a sorpresa, come la Libia che ha superato 1 mbg per la prima volta da 5 anni. L’avvio soft delle sanzioni americane contro l’Iran ha ulteriorme­nte sballato gli equilibri tra domanda e offerta: Washington ha concesso un’esenzione (sia pure temporanea, di 3 mesi rinnovabil­i) a 8 Paesi che insieme assorbono l’80% dell’export iraniano. Ora questo potrebbe risalire, anche se non è chiaro di quanto.

Il mercato, influenzat­o come sempre anche dalla speculazio­ne, sta reagendo in modo vigoroso. Solo un mese fa il petrolio, sull’allarme Iran, volava ai massimi da quattro anni. Oggi il Wti è addirittur­a in bear market: le quotazioni hanno perso il 20% rispetto al picco di ottobre, scendendo fino a 61,31 dollari al barile. Il Brent, che aveva superato 86 $, adesso scambia a poco più di 71 $.

I rumor sull’ipotesi di nuovi tagli dell’Opec Plus non sono riusciti ad ottenere più di un breve rimbalzo dei prezzi. I dati settimanal­i dell’Eia hanno gelato il mercato, mostrando non solo una produzione record negli Usa, ma anche l’ennesimo balzo delle scorte di greggio: sono di nuovo salite più del previsto, di 5,8 mb, e a 431,8 mb sono sopra la media stagionale degli ultimi 5 anni.

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