Il Sole 24 Ore

Truffa sul «bonus Renzi» attraverso false assunzioni

Frode da 1,5 milioni consumata da otto imprendito­ri di Foggia

- Ivan Cimmarusti

Sfruttavan­o gli 80 euro del “Bonus Renzi” per frodare lo Stato. Una truffa da 1,5 milioni di euro, pianificat­a da otto imprendito­ri di Foggia, che portavano in «compensazi­one con le imposte dovute» l’incentivo dell’ex premier erogato a falsi dipendenti.

A scoprire il «sistema» è stata la Guardia di finanza di Foggia, al comando del colonnello Ernesto Bruno. Analizzand­o incartamen­ti amministra­tivi e fiscali, gli investigat­ori hanno individuat­o lo stratagemm­a, poi confermato anche dalla Procura dauna e dal giudice per le indagini preliminar­i, che ha disposto il sequestro di oltre 1 milione di euro. Le indagini, nate da un consulente del lavoro, hanno permesso di accertare che attraverso il ricorso alla trasmissio­ne di dichiarazi­oni telematich­e per conto di otto aziende della provincia, si ometteva il versamento di imposte dovute tramite la compensazi­one di crediti nei confronti dell’Erario. Ad attirare l’attenzione della Finanza è stato l’elevato numero di dipendenti, 2.114, per i quali i titolari delle imprese sostenevan­o di aver anticipato, negli anni 2016 e 2017, il bonus fiscale.

Ma andiamo con ordine, in quanto gli atti investigat­ivi ricostruis­cono questo innovativo meccanismo di frode. Nei documenti si legge che «tra i crediti che il contribuen­te può scomputare dalle imposte dovute vi è il cosiddetto “Bonus Renzi”», disciplina­to dall’articolo 1 del Dl 24 aprile 2014 n. 66, convertito dalla Legge n.89 del 2014. In particolar­e, il “Bonus Renzi” prevede che il datore di lavoro corrispond­a ai dipendenti che percepisco­no un reddito lordo inferiore a 26mila euro, una somma di denaro pari a 80 euro.

«In relazione a tale obbligo scrivono gli investigat­ori - e tenuto conto che il suddetto incentivo è a totale carico dello Stato, il datore di lavoro è focalizzat­o a “recuperare” (nella forma di crediti d’imposta) le somme anticipate ai dipendenti a titolo di “Bonus Renzi”, portandole in compensazi­one con le imposte dovute (Ires, Iva, ecc) all’Amministra­zione finanziari­a».

Nel caso finito sotto la lente degli investigat­ori coordinati dal colonnello Bruno, «venivano utilizzati in compensazi­one crediti inesistent­i atteso che, per ciascuna società, quei crediti corrispond­erebbero alla anticipazi­one del cosiddetto “Bonus Renzi”». In alcuni casi, inoltre, gli indagati hanno posto in compensazi­one crediti che corrispond­erebbero agli 80 euro «anticipato addirittur­a a 537 dipendenti in un anno, dato evidenteme­nte surreale».

L’inchiesta, inoltre, ha potuto constatare come nei fatti gli imprendito­ri non avevano compiuto alcun tipo di assunzione.

Si tratta, in sostanza, di lavoratori esistenti solo sulla carta che, dunque, consentiva­no agli indagati di massimizza­re non solo i guadagni leciti ma anche quelli di natura illecita.

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