Il Sole 24 Ore

Petrolio, eccesso di offerta e il Brent torna sotto i 70 $

Ondata di liquidazio­ni dei fondi: greggio giù di oltre il 20% dai picchi di ottobre

- Sissi Bellomo

Prosegue la fase ribassista per i prezzi del petrolio (-20% da inizio ottobre), con il Brent e il Wti che durante la seduta sono scesi sotto le soglie rispettiva­mente dei 70 e dei 60 dollari al barile. A pesare sui prezzi l’eccesso di offerta e l’accumulo di scorte. Pesa anche l’avvio soft delle sanzioni Usa all’Iran.

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Un mese fa sembrava proiettato arazzo verso 100 dollari al barile, ora il petrolio sta crollando, con una velocità di caduta ancora più spettacola­re( e forze eccessiva) del rally che l’ aveva spinto ai massimi da quattro anni. Anche ilBrent ieri ha seguito il Wti nel territorio dell’Orso: entrambi i riferiment­i del greggio sono ormai in ribasso di oltre il 20% dal picco di inizio ottobre, in quello che si chiama« bear market ». Ed entrambi ieri, durante la seduta, sono scivolati sotto importanti soglie psicologic­he e tecniche ,70 dollari al barile nel caso del greggio europeo( consegna dicembre) e 60 dollari per quello americano( consegna gennaio), che ora ha completame­nte cancellato i guadagni di quest’anno.

Per il Wti è stata la decima seduta consecutiv­a in ribasso, una serie negativa che non si verificava dal 1984, quando i futures sul greggio erano appena nati alNym ex e sul mercato si stava preparando uno dei più lunghi e difficili periodi negativi nella storia dell’ industria petrolifer­a, superato sol opera sprezza da quello dei 2014-2016.

Per gli amanti delle statistich­e, quella che si è appena conclusa è anche la quinta settimana di ribassi per il petrolio, sequenza che a sua volta non si ripeteva dal 2014.

La novità più importante è però un dettaglio tecnico, che di certo non è sfuggito agli operatori: il greggio è di nuovo in contango, una struttura del mercato dei futures in cui i contratti a pronti valgono me nodi quelli per consegna differita. In genere è un segna ledi eccesso di offerta e incoraggia l’accumulo di scorte, fenomeno che peraltro è già ricomincia­to da qualche settimana, incoraggia­ndo gli hedge funds a ridimensio­nare l’esposizion­e rialzista.

L’ ondata di liquidazio­ni dei fondi si è ingrossata quandogli Stati Uniti–dopo aver minacciato per mesi di azzerare l’ export di petrolio dall’ Iran–hanno optato per unav vi osoftd elle sanzioni. È probabile che molti investitor­i sian ostati colti di sorpresa dalle esenzioni, concesse a ben otto Paesi, tutti grandi clienti di Teheran e non sempre in buone relazioni con Washington( è il caso ad esempio di Cina e Turchia).

Inoltre, è innegabile, c’è stato un aumento troppo veloce dell’offerta. La produzione Usa è a livelli record (a 11,6 milioni di barili al giorno è salita di oltre il 20% in un anno) e anche Arabia Saudita e Russia hanno aperto i rubinetti al massimo, per far fronte a carenze che – almeno finora – non si sono verificate. I due Paesi, alla guida dell’Opec Plus, starebbero valutando un ritorno ai tagli di produzione. Ma l’esito delle trattative è molto incerto.

Non solo le compagnie russe (Rosneft in testa) sono restie a tirare di nuovo il freno, ma anche l’Iraq potrebbe mettersi di traverso. Secondo indiscrezi­oni raccolte dal Financial Times, Baghdad «entro un mese» potrebbe annunciare un accordo con l’Autonomia curda per riavviare le esportazio­ni dal giacimento conteso di Kirkuk e dalle aree circostant­i, che sono ferme da oltre un anno. Si tratterebb­e di altri 200-400mila bg che potrebbero presto tornare disponibil­i.

Il mercato petrolifer­o per ora non sembra influenzat­o da nessun rumor. La spirale ribassista ha preso ad autoalimen­tarsi con la successiva rottura di soglie tecniche e forse ci vorrà ancora qualche tempo perché la situazione si riassesti. La volatilità è comunque frutto soltanto della speculazio­ne, ma anche dell’incertezza.

Gli esoneri alle sanzioni contro l’Iran sono temporanei e parziali: ci sarà una prima revisione fra tre mesi e una seconda tra sei mesi, inoltre – benché i dettagli ufficiali scarseggin­o – è emerso che gli Usa hanno autorizzat­o l’importazio­ne di quantità molto limitate di greggio e/o condensati, imponendo rigide condizioni di acquisto. Sembra ad esempio che i pagamenti debbano finire in conti vincolati e non in mano a Teheran.

Il problema Iran, insomma, potrebbe presto riaffaccia­rsi sul mercato. Così come potrebbe balzare in primo piano l’allarme per nuove sanzioni Usa contro la Russia.

á@SissiBello­mo

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