Il Sole 24 Ore

Tria tratta con la Ue e lima la manovra

Ritocco degli obiettivi di crescita. Bankitalia: il caro-spread costa 1,5 mld

- Davide Colombo

Obiettivi di crescita, spese eccezional­i (maltempo), peso degli interessi sul debito e clausole anti-sforamento del deficit, che comunque sarà confermato al 2,4%: sono le variabili su cui si lavora al Mef in vista del nuovo Documento di bilancio che Roma deve inviare a Bruxelles. Il programma «non cambia nei suoi pilastri» ha ribadito il ministro Tria in audizione: anche perché, ha aggiunto, al temine dell'incontro con il presidente dell'Eurogruppo Centeno, per rispettare gli obiettivi concordati l’anno scorso «dovremmo fare una restrizion­e fiscale fortissima, e sarebbe un suicidio» ora che la congiuntur­a rallenta. Tria lavora a una serie di correttivi nel tentativo di evitare il muro contro muro. Intanto Bankitalia incalza: «Abbattere lo spread, rischia di vanificare gli sforzi. Negli ultimi sei mesi è costato 1,5 miliardi».

L’auspicio di Bankitalia è che si trovi una soluzione con le autorità europee «che concili il rispetto sostanzial­e delle regole cui l’Italia è tenuta come membro dell’Unione monetaria». S’è chiusa con un appello all’equilibrio l’audizione mattutina a Montecitor­io del vicedirett­ore generale Luigi Federico Signorini. Il momento è delicatiss­imo. L’Esecutivo è impegnato a dare la sua ultima risposta sulla manovra a Bruxelles entro martedì. E Signorini, con toni pacati ma fermi, ha spiegato che cosa serve: «Un credibile percorso di rientro nel medio termine con accorte misure di sostegno all’economia e con il perseguime­nto degli obiettivi politici di governo e Parlamento».

La prima manovra della legislatur­a gialloverd­e (34 miliardi di misure espansive finanziate in deficit per 22) si pone certamente l’ obiettivo di ridurre il debito/ P il, ha notato Signorini. Malo fa puntando« non sull’ equilibrio dei conti bensì sullo stimolo indotto dall’ espansione del bilancio ». Il problema-ha spiegato il banchiere centrale che ha definito«ambizioni» gli obiettivi di P il del governo - è che le politiche espansive, pur utili in fasi cicliche particolar­mente avverse, «non garantisco­no la crescita nel medio termine e possono invece metterla in pericolo a lungo andare ». Gli esempi? Eccoli: tra il 2000 e il 2006, con un’ espansione di bilancio del 5% del P il (contro l’1% del resto dell’eurozona) l’economia nazionale è cresciuta dell’1,5%, contro il 2,3% degli altri Paesi. L’ avanzo primario è sceso dal 4% all ’1% e il debito/Pil, dopo essere sceso di 12 puntine i sei anni precedenti, è rimasto sopra al 100%. Risultato: quando è scoppiatal­a crisi i margini di manovra non c’ erano più, siam ostati i più colpiti e siam ostati costretti ad adottare, tra il 2011 e il 2012, tutte le misure per scongiurar­e il rischi odi non poter rifinanzia­re i titoli in scadenza. Negli anni della stabilizza­zione(2014-2017 ), con nuove manovre espansive dello 0,5% l’anno, s’è poi mantenuto un avanzo primario all ’1,5% e un debito al 130%: «Dicemmo allora che un graduale ma certo percorso di rientro da tali condizioni era il minimo indispensa­bile », ha ricordato Signorini. Una« condizione necessaria» per evitareun aumento del differenzi­ale tra costo del debito e crescita dell’economia e, quindi, un peggiorame­nto della dinamica stessa del debito pubblico.

È la situazione che s’ è materializ­zata negli ultimi sei mesi: l’aumento dello spread è già costato al contribuen­te 1,5 miliardi di interessi in più rispetto a quanto avrebbero pagato coi tassi di aprile; on eriche salirebbe rodi 5 miliardi nel 2019 e circa 9 miliardi nel 2020 se i tassi dovessero rimanere dove sono. «Gli effetti della politica di bilancio non possono essere valutati come se essa fosse isolata-ha insistito Signorini poiché risentono delle condizioni finanziari­e di contorno, particolar­mente importanti quando il debito è ingente e queste, a loro volta, sono influenzat­e dagli annunci e dalle politiche». Insomma, occorre abbattere lo spread. Non solo perché i segnali che gli investitor­i percepisco­no sono importanti. Bisogna ridurlo perché la crescita dei tassi di interesse ha un effetto in qualche modo comparabil­e a una stretta monetaria: colpisce l’intera economia. E può essere assai più marcata e rapida di qualsiasi ipotizzabi­le (futuro, graduale) processo di normalizza­zione della politica monetaria. Una stretta, in altre parole, che «rischia di vanificare tutto l’impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio».

La conclusion­e di Signorini ha ripreso la ricetta di politica economica consueta di Bankitalia: ridurre il debito, dare un’impostazio­ne di bilancio più orientata agli investimen­ti e non abbandonar­e il percorso delle riforme adottate fin qui, quelle capaci di aggredire i nodi struttural­i che pesano sul differenzi­ale negativo di crescita dell’ Italia rispetto al resto dell’ Europa. Sulla manovra diversi i rilievi critici: attenzione alle misure di condono fiscale (« potrebbero determinar­e disincenti­vi all’adempiment­o regolare degli obblighi tributari») e attenzione agli interventi sulle pensioni («tengano conto della sostenibil­ità finanziari­a del sistema e dell’equità intergener­azionale »). Infine il reddito di cittadinan­za: va disegnato in modo da evitare che si scoraggi l’offerta di lavoro regolare «prevedendo incentivi efficaci e adeguati controlli per evitare abusi».

Politiche espansive, pur utili in fasi cicliche avverse, «non garantisco­no la crescita nel medio termine»

«Condivisib­ile sforare per avere crescita ma dubbi a partire dal depotenzia­mento di Industria 4.0»

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