Tria tratta con la Ue e lima la manovra
Ritocco degli obiettivi di crescita. Bankitalia: il caro-spread costa 1,5 mld
Obiettivi di crescita, spese eccezionali (maltempo), peso degli interessi sul debito e clausole anti-sforamento del deficit, che comunque sarà confermato al 2,4%: sono le variabili su cui si lavora al Mef in vista del nuovo Documento di bilancio che Roma deve inviare a Bruxelles. Il programma «non cambia nei suoi pilastri» ha ribadito il ministro Tria in audizione: anche perché, ha aggiunto, al temine dell'incontro con il presidente dell'Eurogruppo Centeno, per rispettare gli obiettivi concordati l’anno scorso «dovremmo fare una restrizione fiscale fortissima, e sarebbe un suicidio» ora che la congiuntura rallenta. Tria lavora a una serie di correttivi nel tentativo di evitare il muro contro muro. Intanto Bankitalia incalza: «Abbattere lo spread, rischia di vanificare gli sforzi. Negli ultimi sei mesi è costato 1,5 miliardi».
L’auspicio di Bankitalia è che si trovi una soluzione con le autorità europee «che concili il rispetto sostanziale delle regole cui l’Italia è tenuta come membro dell’Unione monetaria». S’è chiusa con un appello all’equilibrio l’audizione mattutina a Montecitorio del vicedirettore generale Luigi Federico Signorini. Il momento è delicatissimo. L’Esecutivo è impegnato a dare la sua ultima risposta sulla manovra a Bruxelles entro martedì. E Signorini, con toni pacati ma fermi, ha spiegato che cosa serve: «Un credibile percorso di rientro nel medio termine con accorte misure di sostegno all’economia e con il perseguimento degli obiettivi politici di governo e Parlamento».
La prima manovra della legislatura gialloverde (34 miliardi di misure espansive finanziate in deficit per 22) si pone certamente l’ obiettivo di ridurre il debito/ P il, ha notato Signorini. Malo fa puntando« non sull’ equilibrio dei conti bensì sullo stimolo indotto dall’ espansione del bilancio ». Il problema-ha spiegato il banchiere centrale che ha definito«ambizioni» gli obiettivi di P il del governo - è che le politiche espansive, pur utili in fasi cicliche particolarmente avverse, «non garantiscono la crescita nel medio termine e possono invece metterla in pericolo a lungo andare ». Gli esempi? Eccoli: tra il 2000 e il 2006, con un’ espansione di bilancio del 5% del P il (contro l’1% del resto dell’eurozona) l’economia nazionale è cresciuta dell’1,5%, contro il 2,3% degli altri Paesi. L’ avanzo primario è sceso dal 4% all ’1% e il debito/Pil, dopo essere sceso di 12 puntine i sei anni precedenti, è rimasto sopra al 100%. Risultato: quando è scoppiatala crisi i margini di manovra non c’ erano più, siam ostati i più colpiti e siam ostati costretti ad adottare, tra il 2011 e il 2012, tutte le misure per scongiurare il rischi odi non poter rifinanziare i titoli in scadenza. Negli anni della stabilizzazione(2014-2017 ), con nuove manovre espansive dello 0,5% l’anno, s’è poi mantenuto un avanzo primario all ’1,5% e un debito al 130%: «Dicemmo allora che un graduale ma certo percorso di rientro da tali condizioni era il minimo indispensabile », ha ricordato Signorini. Una« condizione necessaria» per evitareun aumento del differenziale tra costo del debito e crescita dell’economia e, quindi, un peggioramento della dinamica stessa del debito pubblico.
È la situazione che s’ è materializzata negli ultimi sei mesi: l’aumento dello spread è già costato al contribuente 1,5 miliardi di interessi in più rispetto a quanto avrebbero pagato coi tassi di aprile; on eriche salirebbe rodi 5 miliardi nel 2019 e circa 9 miliardi nel 2020 se i tassi dovessero rimanere dove sono. «Gli effetti della politica di bilancio non possono essere valutati come se essa fosse isolata-ha insistito Signorini poiché risentono delle condizioni finanziarie di contorno, particolarmente importanti quando il debito è ingente e queste, a loro volta, sono influenzate dagli annunci e dalle politiche». Insomma, occorre abbattere lo spread. Non solo perché i segnali che gli investitori percepiscono sono importanti. Bisogna ridurlo perché la crescita dei tassi di interesse ha un effetto in qualche modo comparabile a una stretta monetaria: colpisce l’intera economia. E può essere assai più marcata e rapida di qualsiasi ipotizzabile (futuro, graduale) processo di normalizzazione della politica monetaria. Una stretta, in altre parole, che «rischia di vanificare tutto l’impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio».
La conclusione di Signorini ha ripreso la ricetta di politica economica consueta di Bankitalia: ridurre il debito, dare un’impostazione di bilancio più orientata agli investimenti e non abbandonare il percorso delle riforme adottate fin qui, quelle capaci di aggredire i nodi strutturali che pesano sul differenziale negativo di crescita dell’ Italia rispetto al resto dell’ Europa. Sulla manovra diversi i rilievi critici: attenzione alle misure di condono fiscale (« potrebbero determinare disincentivi all’adempimento regolare degli obblighi tributari») e attenzione agli interventi sulle pensioni («tengano conto della sostenibilità finanziaria del sistema e dell’equità intergenerazionale »). Infine il reddito di cittadinanza: va disegnato in modo da evitare che si scoraggi l’offerta di lavoro regolare «prevedendo incentivi efficaci e adeguati controlli per evitare abusi».
Politiche espansive, pur utili in fasi cicliche avverse, «non garantiscono la crescita nel medio termine»
«Condivisibile sforare per avere crescita ma dubbi a partire dal depotenziamento di Industria 4.0»