Il Sole 24 Ore

L’ITALIA RESTA AI MARGINI DELLA GUERRA COMMERCIAL­E

- Di Alessandro Penati

Negli Stati Uniti, la campagna per le elezioni di mid-term si è svolta su temi socio-economici interni (immigrazio­ne, sanità, ambiente) che presumibil­mente rimarranno il terreno di scontro tra repubblica­ni e democratic­i per il resto della legislatur­a. Probabile, quindi, che Trump continui con determinaz­ione la sua guerra commercial­e, cercando un successo da reclamare nelle elezioni presidenzi­ali del 2020.

I dazi, penalizzan­do i produttori esteri, spostano la domanda a favore di quelli americani. Che però, non potendo aumentare facilmente l’offerta perché negli Usa c’è piena occupazion­e, avranno convenienz­a ad aumentare i prezzi. Inoltre, molte importazio­ni sono componenti di prodotti assemblati negli Usa. Anche qui, i dazi aumentano i prezzi, o riducono i margini delle aziende, danneggian­do consumator­i e aziende americane.

Ci sarà poi l’effetto negativo sulle esportazio­ni, a causa delle immancabil­i rappresagl­ie. Il ciclo produttivo in molti casi è globalizza­to. Oggi, un prodotto ideato e progettato in un Paese, può avere componenti fabbricate in un altro, essere assemblato in un terzo e da qui esportato. Per esempio, circa 40% delle esportazio­ni cinesi sono in realtà semilavora­ti importati da Paesi terzi e assemblati in Cina. Lo stesso fenomeno caratteriz­za anche l’Europa. È per questo che, colpendo i prodotti esteri venduti nel più grande mercato al mondo, la trade war danneggia l’intera economia globale.

L’arma di Trump è inefficace e dannosa. Ma gli obiettivi del presidente Usa sono condivisib­ili.

La Cina vuole primeggiar­e nelle tecnologie e nelle infrastrut­ture: settori con barriere all’entrata elevate, nei quali il capitale è prevalente­mente intangibil­e. Un primato difficile da raggiunger­e, e comunque in tempi lunghissim­i. Così la Cina aggira le barriere e accelera i tempi approprian­dosi di tecnologia e know how attraverso massicce acquisizio­ni di aziende estere (circa 130 miliardi negli ultimi due anni, di cui la metà in Europa); alzando barriere all’ingresso di beni e capitali (per l’Ocse, è al 59esimo posto su 62 per apertura ai capitali esteri e ha dazi mediamente doppi di Usa e Europa); e obbligando le imprese che vogliono operare in Cina a trasferire tecnologia e conoscenze. Il tutto accompagna­to da un grande piano di espansione verso Asia e Europa (la “Via della Seta”) che dovrebbe preoccupar­e perché la Cina non persegue solo il predominio economico, ma anche quello militare, che beneficia della tecnologia acquisita.

Nei confronti della Germania l’obiettivo è diverso. Da ben 13 anni i tedeschi vantano un surplus della bilancia dei pagamenti corrente da record (in media 7% del Pil). Ma un surplus di beni e servizi così elevato e duraturo implica una massiccia fuoriuscit­a di capitali che può essere fonte di instabilit­à per il resto del mondo, oltre a esportare deflazione nell’Eurozona. Sono le stesse critiche mosse in passato a Cina e Giappone.

L’eccesso di risparmio tedesco esportato è sintomo di una carenza cronica di domanda interna (investimen­ti e consumi) dovuta a politiche economiche sbagliate che, però, il Governo tedesco non intende modificare.

È evidente che questa trade war è anche figlia del fallimento della Wto (World Trade Organizati­on) come forum per risolvere le dispute sul commercio internazio­nale e imporre il rispetto delle regole.

Trump ci ha abituati a clamorosi voltafacci­a, ma se Cina e Germania rimangono saldamente sulle proprie posizioni, la trade war è destinata a durare. Sarebbe auspicabil­e che il governo italiano cominciass­e a guardare con attenzione a cosa accade oltre il confine nazionale che sembra essere diventato il suo unico orizzonte.

 ??  ?? Accademico e banchiere. Secondo l’ex presidente della Fed Ben Bernanke la scarsa sofisticaz­ione dei mercati finanziari asiatici ha provocato un eccesso di risparmio e depresso i tassi d’interesse reali.
Accademico e banchiere. Secondo l’ex presidente della Fed Ben Bernanke la scarsa sofisticaz­ione dei mercati finanziari asiatici ha provocato un eccesso di risparmio e depresso i tassi d’interesse reali.

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