Il Sole 24 Ore

Reddito di cittadinan­za: priorità ai giovani, solo il 10% alle pensioni

Su 9 miliardi della manovra 7,1 sono per i disoccupat­i e i lavoratori poveri

- Giorgio Pogliotti

Sono i giovani disoccupat­i la priorità del reddito di cittadinan­za e a loro andrà la gran parte della dote annua complessiv­a di 9 miliardi stanziati dalla legge di Bilancio. La ripartizio­ne delle risorse è pressoché fatta: circa 900 milioni (10%) andranno alle pensioni di cittadinan­za, destinate a circa 500mila persone; fino ad un miliardo all’anno (per due anni) servirà per il potenziame­nto dei Centri per l’impiego e 7,1 miliardi annui andranno a disoccupat­i e lavoratori poveri.

Il reddito di cittadinan­za nasce sia come misura di politica attiva che di assistenza alla povertà ma, alla luce dell’elevato numero di giovani Neet del nostro Paese - secondo Eurostat l’Italia è la “maglia nera” in Europa con il 29,5% di giovani tra 20 e 34 anni che non lavorano, non studiano e non si formano contro il 17,2% della media Ue - è «prioritari­o e necessario mobilitare attivament­e queste risorse per il loro inseriment­o nel mercato del lavoro», osserva Pasquale Tridico, professore di economia del Lavoro all’università di Roma Tre e consulente del ministro del Lavoro, Luigi Di Maio.

Lo stesso Di Maio, peraltro, ha sostenuto ieri all’incontro con la stampa estera che la misura del reddito di cittadinan­za «va a decrescere: noi abbiamo stanziato nel triennio 9 miliardi annui, ma io non credo che alla fine del triennio avremo ancora bisogno di 9 miliardi, perché con il combinato disposto tra “quota 100” e reddito di cittadinan­za l’anno prossimo libereremo diverse centinaia di migliaia di posti di lavoro inattesi perché pensionere­mo delle persone. Avremo una disponibil­ità di lavoro superiore alla media degli ultimi anni». L’automatism­o tra l’uscita di pensionati e l’ingresso di giovani, tuttavia, viene contestato da diversi economisti ed imprendito­ri, perché potrebbe essere utilizzato in molti casi esclusivam­ente per operazioni di ristruttur­azione aziendale.

L’attivazion­e dei Neet e degli inattivi secondo Tridico produce un altro effetto: «Favorisce, anche dal punto di vista contabile, l’aumento della partecipaz­ione delle forze lavoro e quindi le stime al rialzo del calcolo del Pil potenziale da parte della Commission­e Ue. Su un Pil potenziale maggiore, l’output gap (la differenza tra il Pil effettivo e quello potenziale, ndr) cresce e anche lo spazio fiscale consentito si allarga, nonostante il deficit in percentual­e possa rimanere lo stesso».

Il reddito di cittadinan­za, che nei piani del governo sarà operativo dal 1° aprile 2019, funzionerà ad integrazio­ne di altre forme di sussidio fino al raggiungim­ento della soglia di 780 euro, considerat­a per un single (la soglia sale in base al numero dei componenti di una famiglia): la platea potenziale di beneficiar­i è composta dai circa 5 milioni di poveri assoluti. Non verranno dunque intercetta­ti dalla pensione di cittadinan­za tutti i 3,4 milioni di pensionati che oggi vivono con un assegno sotto i 780 euro, ma appunto 500mila. Per beneficiar­e del sussidio sono previsti dei “paletti”. Il limite Isee di 9.360 euro l’anno, la proprietà immobiliar­e (con un tetto di 30mila euro per il capitale immobiliar­e oltre la prima casa), il capitale mobiliare (limite a 6mila euro come per il Rei). Per i proprietar­i di casa, il reddito di cittadinan­za sarà tagliato per una quota equivalent­e ad un affitto imputato, tra 250 e 300 euro (percepiran­no 530 o 480 euro).

I percettori del reddito di cittadinan­za dovranno stipulare un patto di servizio con il centro per l’impiego, e perderanno il diritto ad ottenerlo dopo tre rifiuti di un’offerta di lavoro “congrua”. Obiettivo difficile da realizzare, visto che ad oggi è raro trovare qualcuno che soprattutt­o nel Centro e nel Sud abbia avuto anche una sola offerta di lavoro da un centro per l’impiego. In caso di assunzione, gli ultimi tre mesi del sussidio saranno trasferiti all’impresa sotto forma di sgravio contributi­vo. «Se assumono donne lo percepiran­no per 5-6 mesi, perché vogliamo colmare il gap che c’è oggi soprattutt­o nel sud Italia tra occupazion­e maschile e femminile», ha annunciato Di Maio.

Sul timing, è intervenut­a Barbara Lezzi (ministro del Sud) presente ieri a Roma al Festival “Economia Come” organizzat­o da Invitalia: «Vogliamo presentare le misure sul reddito di cittadinan­za entro dicembre, molto probabilme­nte con un Ddl collegato alla manovra. Stiamo lavorando ai dettagli tecnici come gli sgravi per le imprese ed anche alla possibilit­à di rimodulare il numero di proposte di lavoro da presentare a chi ottiene il reddito di cittadinan­za, se tre in 18 mesi sono troppe potremmo rivederle».

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