Londra cresce dello 0,6%, ma pesano le incertezze di Brexit
La buona notizia è che l’economia britannica è cresciuta dello 0,6% nel trimestre giugno/settembre, al ritmo più rapido dal 2016 e con la soddisfazione di avere triplicato il +0,2% registrato dall’Eurozona. La brutta notizia è che a un’impennata della crescita in luglio sono seguiti due mesi di rallentamento in agosto e settembre che fanno prevedere una fine d’anno in tono minore. Il 2019, poi, è un grande punto interrogativo a causa di Brexit.
Secondo l’Ufficio nazionale di Statistica, i consumi sono aumentati dello 0,5% ai massimi dal 2016 grazie soprattutto a un’estate più calda del previsto e all’effetto Coppa del Mondo, e il settore edilizio ha avuto un balzo del 2,1 per cento.
Il dato del terzo trimestre sarà il migliore per un lungo periodo, ha detto ieri Chris Hare, UK economist di Hsbc: «Le spese pazze estive sono finite, i venti favorevoli globali si sono affievoliti e l’incertezza su Brexit continua a mordere». La Banca d’Inghilterra prevede un rallentamento del Pil al +0,3% nel periodo ottobre/dicembre, che porterebbe la crescita annuale all’1,3%, il livello più basso dal 2009.
L’incertezza dovuta a una Brexit ormai imminente – mancano meno di cinque mesi alla data di uscita della Gran Bretagna dalla Ue – sta avendo un impatto negativo sugli investimenti delle imprese. Tra giugno e settembre gli investimenti sono calati dell’1,2%, registrando il terzo trimestre consecutivo di declino per la prima volta dai tempi della crisi finanziaria.
Il cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond ha dichiarato ieri che «la crescita dello 0,6% è la prova della forza della nostra economia». Meno ottimista la Ue, che prevede che la Gran Bretagna finirà in fondo alla classifica delle economie europee insieme all’Italia anche se ci sarà un accordo su Brexit.
Le trattative continuano e resta la speranza di trovare un accordo di compromesso prima di dicembre. La premier Theresa May ha delineato ai suoi ministri i termini dell’intesa, che prevede che tutto il Regno Unito, e non solo la Gran Bretagna, resti nell’unione doganale fino al raggiungimento di un accordo commerciale definitivo con la Ue. Secondo il Democratic Unionist Party, però, dal quale la May dipende per avere la maggioranza in Parlamento, la proposta non offre abbastanza garanzie all’Irlanda del Nord ed è quindi «inaccettabile per noi e per gran parte dei conservatori, con la conseguenza inevitabile che sarà respinta dal Parlamento».
Il compromesso della May è inaccettabile anche per chi aveva votato a favore di restare nella Ue, ha dichiarato Jo Johnson, fratello dell’ex ministro degli Esteri Boris, che per protesta ieri ha dato le dimissioni da sottosegretario ai Trasporti. «Dato che la realtà di Brexit è così lontana da quello che era stato promesso, la democrazia impone di dare agli elettori l’ultima parola», ha detto Jo Johnson chiedendo un secondo referendum.