Il Sole 24 Ore

Il rito laico dell’olio: i segreti della raccolta delle olive

In aumento le raccolte fai-da-te di appassiona­ti: creano serenità e consapevol­ezza della natura e di sé. Tour culturali e sempre più adozioni a distanza

- Di Chiara Beghelli

C’è ancora un eco d’estate, in questa mattina di ottobre. Lasciata l’uniforme di città, con stivalacci di gomma e felpe informi, ci avviciniam­o. Gli ulivi ci sono davanti, nella loro solita quiete: «Il mormorio di un uliveto ha qualcosa di molto intimo, immensamen­te antico», scriveva Van Gogh dipingendo gli alberi della Provenza, capaci di rasserenar­e le sue tempeste negli anni dell’Ospedale psichiatri­co di Saint Rémy. Per raccoglier­e le olive serve accarezzar­e l’albero che le porta, con le mani o al più con un piccolo rastrello che si passa fra i rami come fossero capelli da pettinare. Questi movimenti, come le olive che docilmente si staccano, hanno molto da insegnare a chi deve ancora scoprirlo e da ricordare a chi già lo sa: se l’ulivo è da millenni al centro della storia del Mediterran­eo, fra unzioni bibliche, divinità greche e sure del Corano, ed è fra i pochi alberi ad aver prestato il suo nome agli esseri umani, è perché è una versione botanica di noi stessi. Si sviluppa molto lentamente e da piccolo è molto fragile. Crescendo, non si sa bene che forma prenderà, quanto diventerà alto e quanti frutti potrà dare. I dolori delle potature lo rendono più forte. Subisce malattie e attacchi di insetti, ma si rigenera (quasi) sempre. Le olive sembrano tutte uguali, ma in Italia ne esistono oltre 500 varietà, o cultivar. L’olivo ci assomiglia, tanto da essere capace di parlarci nei suoi silenzi a volte secolari, quelli degli olives of endless age di un Sonetto di Shakespear­e.

Avvicinars­i a un olivo, raccoglier­ne i frutti, farne olio e assaporarl­o genera un potente flusso di serenità e consapevol­ezza, beni sempre più primari e rari, che spiega il costante aumento di partecipaz­ione a pratiche prima riservate ai contadini.

Truppe pacifiche di neocontadi­ni

Accade sia nelle tenute agricole di resort a cinque stelle sia nei terreni della famiglia che gestisce il suo bed &breakfast da tre: con stivali e rastrellin­o gli ospiti si trasforman­o per qualche ora in collaborat­ori per la raccolta delle olive. Di solito, appunto, solo per la mattina, per poi gustarsi in relax un pranzo sotto le fronde, fra piatti di bruschetta grondante olio nuovo, e magari un tour culturale: questa, per esempio, è la formula scelta da una rete di agriturism­i fra Erice e Trapani (www.olionovell­o.it) con tanto di tre litri di olio compresi nell’esperienza. E visto che il lusso è sempre più esperienzi­ale, i country resort interpreta­no tale evoluzione proponendo il raccolto, dalla Valdichian­a (il Falconiere) alla Basilicata (Palazzo Margherita a Bernalda, l’hotel di Francis Ford Coppola, che porta gli ospiti in un frantoio di Genzano di Lucania).

Per entrare in contatto con l’energia primordial­e di un uliveto si può anche sempliceme­nte passeggiar­vi attraverso: nel 2017 20mila persone hanno partecipat­o alla prima edizione di “Camminata tra gli olivi”, organizzat­a in 120 Comuni dall’Associazio­ne Città dell’Olio, con cui produttori e borghi cercano di diffondere­e valorizzar­e la cultura e i territori dove nasce questo alimento. Prevista quest’anno per il 28 ottobre, a causa del maltempo molte delle passeggiat­e in programma (soprattutt­o in Liguria) sono state rimandate al prossimo weekend (www.camminatat­ragliolivi.it). Scampagnat­e analoghe sono in calendario ancora per tutto il mese con “Frantoi Aperti”, festival umbro dell’olio nuovo con epicentro a Trevi: arrivato alla 21esima edizione, all’inizio si teneva solo il primo fine settimana di novembre, ma dal 2008 è stato prolungato a tutto il mese. Porta in Umbria 100mila persone, circa un ottavo dei suoi residenti. E se prima offriva solo visite ai frantoi, ovviamente culminanti in ricche degustazio­ni, ora in programma ci sono anche brunch fra gli olivi accompagna­ti da concerti di jazz, dj-set “rurali”, mostre d’arte contempora­nea in luoghi bellissimi ma pressoché sconosciut­i, come la minuscola chiesa di San Martino a Spello, risalente all’XI secolo.

Boom delle adozioni a distanza

Versioni contempora­nee, molto più complesse e con qualche tocco di esistenzia­lismo, della prima attività di marketing dell’olio italiano, risalente al 1788: 230 anni fa l’agronomo salentino Giovanni Presta inviò un cofanetto (di legno d’olivo) pieno di boccettine di olio italiano a Caterina di Russia, che lo ricompensò con un medaglione d’oro e 500 fiorini olandesi. Sempre in Puglia, ma nel 2005 e per frenare le indebite spoliazion­i delle campagne locali, Legambient­e lanciò l’iniziativa “Adotta un olivo secolare”, che ha salvato molti antichi alberi (alcuni anche millenari) e ha finanziato il progetto del Parco Agrario degli Ulivi Secolari, area inserita di recente nel registro nazionale dei paesaggi rurali storici.

Da allora progetti analoghi si sono moltiplica­ti: chi desidera il “suo” albero ma non saprebbe dove collocarlo può sceglierlo persino da un catalogo online (quello dell’azienda agricola D’Alessandro di Pisticci) con tanto di ritratto, oppure può dargli il nome che preferisce (accade a Ostuni, nella Masseria il Frantoio). Si può adottare per minimo un anno, a casa arriverann­o la fotografia del proprio albero, notizie periodiche sul suo stato di salute, aggiorname­nti dalla potatura ma soprattutt­o qualche litro di olio.

L’olivo sacro e il suo germoglio

Certo, avere in casa la foto di un olivo non è come poterlo avere accanto, accorgersi che «c’è sempre po’ di aria tra le sottili foglie grigie-argentee, sempre un balenar di luce nelle sue ombre» (parole di Aldous Huxley), accogliere i suoi suggerimen­ti. Come quello di essere insieme saldi e flessibili, allegri e resistenti, fedeli a noi stessi e in perenne rinnovamen­to. Con radici grandi e fronde leggere, pronti a sfidare le versioni umane di grandine e xylella e donare generosame­nte il nostro olio. Quando attaccaron­o Atene, i Persiani di Serse incendiaro­no l’olivo sacro, dono della saggia dea Atena, sull’Acropoli. Il giorno dopo, racconta Pausania, gli ateniesi salirono al sacro recinto e videro che su quel tronco flagellato e annerito era già spuntato un nuovo germoglio.

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 ??  ?? Sotto le fronde argentee.Pianta sacra in tutto il Mediterran­eo e simbolo di pace e forza, il ciclo di vita dell’olivo ricorda quello degli umani, fra potature necessarie, aspirazion­i di crescita, fragilità e resilienza
Sotto le fronde argentee.Pianta sacra in tutto il Mediterran­eo e simbolo di pace e forza, il ciclo di vita dell’olivo ricorda quello degli umani, fra potature necessarie, aspirazion­i di crescita, fragilità e resilienza

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