Manovra, la risposta alla Ue attende l’ok politico—
Investimenti. Lunedì 19 al via la quattordicesima emissione: atteso un aumento del rendimento Dal 1988 a oggi la quota di titoli di Stato detenuti dal retail si è ridotta dal 57% a meno del 5 per cento
Il BTp Italia torna all’antico. Lo fa con una scadenza breve, quattro anni, che non si vedeva dal 2013, nove emissioni fa. E con i rendimenti. I numeri ufficiali arriveranno venerdì, ma sul mercato le attese puntano a una cedola intorno all’1,2-1,25%, e c’è chi non esclude qualche punto base in più. Un livello come questo riporterebbe le lancette all’autunno 2014. E l’accoppiata cedola-scadenza può accendere l’interesse dei piccoli risparmiatori, per i quali il BTpI è pensato.
La possibilità di offrire una remunerazione del genere con un calendario breve è un effetto collaterale del rialzo degli interessi che accompagna i titoli italiani dalla fine di maggio. Il nuovo BTp Italia, che sarà offerto da lunedì 19 a mercoledì 21 (o martedì 20 in caso di chiusura anticipata), arriva nel pieno del dibattito politico sull’opportunità o meno di spingere il debito pubblico italiano nei portafogli delle famiglie, idea alla base del progetto dei Cir che dovrebbe approdare in manovra. Ma il BTpI, con le sue cedole semestrali indicizzate all’inflazione e il premio fedeltà dello 0,4% per i piccoli risparmiatori che lo acquistano all’emissione e lo tengono fino alla scadenza, viaggia su binari più tradizionali. Il rendimento al rialzo non determina automaticamente l’interesse degli investitori, e la storia dei Btp Italia lo insegna. Alla seconda emissione il record di cedola (3,55% con scadenza a 4 anni) si accompagnò alla raccolta più leggera, 1,7 miliardi contro una media vicina ai 12 miliardi. Ma si era nel giugno del 2012, nel pieno della tempesta finanziaria su cui poche settimane dopo Draghi sarebbe intervenuto con il «whatever it takes». Tutto dipende come sempre dal bilanciamento fra rendimento e rischio, e dalla sua percezione. La temperatura sui bond italiani è alta, ma per ora resta lontana dai picchi del 2011-12. E al Tesoro si aspettano una buona risposta del mercato, all’interno di un cambio di tendenza più generale sui Btp dopo il lungo allontanamento dai piccoli investitori. «Per ora non abbiamo un’evidenza significativa ma qualche segnale c’è - riflette con Il Sole 24 Ore il dg della direzione Debito pubblico al Mef, Davide Iacovoni -. Per investitori cassettisti, in un contesto di tassi crescenti è molto probabile che l’appeal all’acquisto diretto ai titoli torni a farsi importante».
Da sempre del resto il Btp Italia va in controtendenza rispetto al lungo e progressivo addio dei titoli di Stato italiani da parte dei piccoli investitori. Negli anni ’80 e nei primi ’90, un altro mondo, le famiglie erano arrivate a possedere oltre il 60% del debito. Scesi sotto il 40% a fine ’97, i piccoli investitori hanno via via diminuito il loro peso diretto: a inizio 2009 sono andati sotto al 20%, la boa del 10% è stata superata definitivamente nel gennaio 2015 per arrivare al minimo del 4,8% registrato a luglio scorso (ultimo mese disponibile nel database Bankitalia). La dinamica si spiega anche con lo sviluppo di fondi, Etf, piani di investimento che a loro volta acquistano Btp, rendendo “indiretto” il rapporto con il retail. Ma anche al netto di questo aspetto l’allontanamento c’è stato, e significativo. Ma prima di trarne conclusioni è importante tenere d’occhio il bilanciamento fra investitori in titoli: «L’Italia è un paese ad alto debito ma con un alto stock di ricchezza finanziaria - spiega Iacovoni - È quindi ovvio che veda un coinvolgimento ampio del risparmio nazionale, ma è importante la presenza di investitori internazionali per diversificare l’offerta e liberare risparmio nazionale per investimenti del settore privato».
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«Per i cassettisti è probabile che l’appeal all’acquisto diretto ai titoli torni importante» Davide Iacovoni
DG DEBITO MEF