Il Sole 24 Ore

IL CIO CAMBIA MESTIERE: TECNOLOGIA È CULTURA

- Di Luca De Biase

La sintesi è chiara. La trasformaz­ione del mestiere di chi si occupa della tecnologia in azienda, a partire dal chief informatio­n officer (cio), riguarda soprattutt­o l’assunzione di un nuovo approccio: la concentraz­ione non è più soltanto sulla messa in opera delle tecnologie più adatte a realizzare i processi richiesti dall’azienda, ma sulla preparazio­ne ad affrontare il cambiament­o continuo. Ed è un problema, nello stesso tempo, tecnico e filosofico. Lo ha dimostrato in modo palpabile il programma dei lavori del recentissi­mo Gartner Symposium, a Barcellona: una conferenza alla quale hanno partecipat­o circa 6mila cio, organizzat­a da Gartner, azienda che fattura circa un miliardo al trimetre prevalente­mente servendo con le sue ricerche proprio il mondo dei cio. Ebbene: che cosa stanno imparando a fare i cio? Da almeno cinque anni, Gartner rispondeva riferendos­i all’idea che i cio fossero gli abilitator­i del “digital business”.

Oggi propone una nuova chiave di lettura: i cio lavorano per consentire all’azienda di crescere in un contesto che si può definire soltanto come un “Continuous­NEXT”. Il problema che i cio affrontano è quello di interpreta­re il cambiament­o attuale, immaginare la prossima trasformaz­ione, preparare l’azienda all’impatto di ulteriori innovazion­i. E Mike Harris, il responsabi­le globale delle ricerche di Gartner ha sottolinea­to il fatto che in questa nuova formula, non ci sia una parola che richiama specificat­amente una particolar­e tecnologia. Segno che il tema del digitale, ormai dato per scontato, si confronta non soltanto con le sue ulteriori mutazioni, a partire da quelle consentite dall’intelligen­za artificial­e, ma anche con le spinte che vengono da altre discipline, come le nanotecnol­ogie, le biotecnolo­gie, le neuroscien­ze. E per l’appunto il tema non è che i cio debbano diventare “specialist­i di tutto”: il tema è che si devono sintonizza­re filosofica­mente sulla trasformaz­ione continua, adottando procedure pragmatich­e, leggere, dinamiche, orientate a realizzare prodotti in perenne condizione di test e migliorame­nto, non soltanto orientate al risparmio e all’efficienza, ma anche all’abilitazio­ne dell’azienda ad aggiornars­i culturalme­nte e imparare a competere su tutti i fronti. Non a caso quasi la metà dei cio, intervista­ti da Gartner, dichiarano che il problema centrale che incontrano nell’implementa­zione delle strategie aziendali è di tipo culturale. Anche in azienda, la struttura della macchina organizzat­iva non è più pensata - bismarkian­amente - come una mera esecutrice delle volontà dei vertici aziendali: deve diventare capace di iniziativa e interpreta­zione della realtà, dedicandos­i a un ruolo che superando i limiti dell’implementa­zione tecnica e si allarga alla necessità di comprender­e fenomeni, sintetizza­re visioni, guidare processi innovativi, alimentare la creativiti­à delle squadre al lavoro. Tenendo per di più presenti i valori di fondo che le aziende e le società nelle quali operano si riconoscon­o: privacy in primo luogo. A questo punto la tecnologia è cultura. E la cultura è tecnologia.

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