Il Sole 24 Ore

Sarà un’annata eccezional­e Tutta la penisola insegue il tartufo

Dal Veneto alla Sicilia, le esperienze lungo la dorsale appenninic­a del Tuber Magnatum

- Lucilla Incorvati

L’Italia del gusto, delle tradizioni e dei piccoli borghi è in fermento attorno al suo tesoro, sua maestà Tuber Magnatum, il Tartufo Bianco. Una ricchezza non solo per la famosa Alba, ma anche per i tanti piccoli comuni lungo la dorsale appenninic­a e perfino per certe terre di confine come l’Istria, dove anche in tardo inverno e in estate si raccolgono i meno pregiati nero e scorzone. Secondo Coldiretti sono circa 200mila le persone coinvolte nella raccolta, per alcuni da record, stimata in circa mezzo miliardo di euro tra prodotto fresco, conservato o trasformat­o anche grazie alla capacità di attrazione turistica ed enogastron­omica che ruota attorno al fungo ipogeo (chiamato comunement­e tubero) più famoso della tavola.

Fino al 31 dicembre trifolao con lo zappino in mano e il fidato naso di cani addestrati continuano a cercare tuberi negli umidi boschi, preferibil­mente tra antiche querce e faggeti, ma anche lungo le rive dei fiumi o nei fossati di salici e pioppi: dall’Emilia Romagna alle Marche, dalla Toscana all’Umbria, dall’Abruzzo al Molise, dal Lazio alla Sicilia passando per Campania, Basilicata e Calabria. Ed è proprio in queste generose terre che si moltiplica­no fiere e mercati dove esporre i pezzi migliori, spesso in compagnia degli altri prodotti dell’autunno.

Che sia la borsa del tartufo, come in occasione della 53esima Fiera Nazionale del Bianco di Acqualagna (oggi chiude i battenti) oppure gli itinerari tematici in abbinament­o ai grandi rossi come il Brunello di Montalcino a San Giovanni D’Asso nelle Crete Senesi durante una delle più longeve mostre (la 33esima edizione della mostra mercato del Tartufo Bianco fino al 18 novembre), fino alle più piccole manifestaz­ioni come quella di Quadri in Abruzzo e di Ceppaloni in Campania, sono tantissime le occasioni per trascorrer­e un week end. Protagonis­ta è la natura incontamin­ata come i boschi nei dintorni di Savigno, in Val Samoggia sui colli bolognesi, oppure in quelli di San Miniato o di Norcia, nota per il suo Diamante nero, dove partecipar­e a un vera “caccia al tesoro”.

«Il tartufo intorno a sé vuole un ambiente integro – spiega Michele Biscogli, presidente dell’Associazio­ne Città del Tartufo -: siamo nati nel 1990 da un gruppo di sei fondatori e oggi siamo a 57 associati. Sono tante piccole o micro realtà che hanno deciso, partendo dal tartufo, di valorizzar­e un territorio e i suoi prodotti, impegnanos­i nella preservazi­one di un habitat. Un valore che è sempre più apprezzato dai turisti». Tra gli ultimi entrati c’è Castelbuon­o, vicino Palermo, che a febbraio invita a scoprire luoghi e sapori di un mondo antico. «Siamo partiti dagli studi sul genoma per valorizzar­e il tubero di Ceppaloni e il suo piccolo borgo. Così nell’Alto Sannio in due anni sono arrivate oltre 15mila presenze - sottolina Patrick De Nisi, motore di queste iniziative -. Ora ci proviamo anche a Castelbuon­o, grazie a uno studio sul sequenziam­ento del genoma condotto dall’Università di Palermo. Per questa realtà si apre una strada di valorizzaz­ione territoria­le».

Cultura e maestria italiana sono note all’estero. Circa 10 anni fa il principe Filippo, consorte della regina Elisabetta II, si è rivolto agli esperti di Acqualagna per ottenere una consulenza sulla tenuta di Sandringha­m dove aveva fatto impiantare una tartufaia che non dava frutti. «Abbiamo risposto al suo invito sicuri della nostra esperienza - ricorda Andrea Pierotti, sindaco di Acqualagna - e da allora siamo diventati famosi. Se un terreno generoso ci regala il famoso bianco, in realtà il tartufo con le coltivazio­ni di nero e l’estivo c’è sempre. Grazie a questa vocazione abbiamo anche un museo e chi viene dalle nostre parti può fare esperienze di gusto e conoscenza tutto l’anno».

La cultura del tartufo si assapora nei piatti di Arcangelo Tinari, chef e titolare con la famiglia dello stellato Villa Majella a Guardiagre­le (Ch) in Abruzzo dove sono state censite oltre 435 tartufaie naturali. Il ristorante con locanda è un’istituzion­e: «L’umidità e le piogge estive sono state un buon avvio; con il caldo di ottobre la qualità è leggerment­e scesa, ma nel complesso è una buona annata - ricorda Tinari -. Selezionia­mo il miglior prodotto locale provenient­e dall’Alto Sangro o dal vicino Molise per un’esperienza di gusto che è un viaggio nella nostra tradizione gastronomi­ca». Si aspetta un’annata favorevole anche Paolo Valdambrin­i, presidente dell’Associazio­ne Tartufai Senesi: «Le piogge in agosto sono il presuppost­o migliore per il tartufo bianco e sono convinto che sarà un’annata ottima con un prezzo medio sui 2mila euro al chilo». Bene per chi vuole comprare: lo scorso anno si raggiunser­o i 5mila.

á@lucillainc­orvat

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