Il Sole 24 Ore

L’Europa? È figlia del mare

Una mostra di grande respiro racconta come il Mediterran­eo e le altre distese d’acqua, sin dall’antichità, abbiano plasmato la nostra terra: 12 città portuali introducon­o ciascuna un tema e un periodo

- Tommaso Munari

Chi si trovasse a passeggiar­e lungo la Sprea nelle prossime settimane autunnali, non dovrebbe perdere l’occasione di fare una sosta nella moderna dépendance di vetro e pietra del Deutsches Historisch­es Museum (progettata da I. M. Pei) e visitare la splendida Europa und das Meer. Perché? Perché nel mare magnum di mostre blockbuste­r prodotte dal sonno della mente di curatori e direttori di musei a cui l’Italia ci ha abituato, si imbattereb­be, finalmente, in un’esposizion­e intelligen­te, seria, educativa; in una parola, pensata.

Che cosa ci fa una mostra sull’Europa e il mare a Berlino? Innanzitut­to si inserisce in una politica culturale coerente, che il museo storico tedesco persegue dal tempo della sua fondazione (fortemente voluta da Helmut Kohl), ovvero insegnare ai cittadini della Germania che cosa significhi essere tedeschi ed europei, abitanti di un Paese e membri di una più vasta civiltà. Poi mira a illustrare il modo in cui il mare, dall’antichità a oggi, ha plasmato l’Europa, anche quella più distante dalle coste.

Mare in senso lato, dunque. Non solo, cioè, il Mediterran­eo, già oggetto di studi magistrali (due nomi su tutti: Fernand Braudel e David Abulafia), ma anche gli altri mari che lambiscono o sferzano le coste europee: l’Oceano Atlantico, il Mare del Nord, il Mare di Norvegia e il Mar Baltico. Un tema vastissimo, che i curatori Dorlis Blume, Christiana Brennecke, Ursula Breymayer e Thomas Eisentraut, da un’idea di Jürgen Elvert, hanno scelto di affrontare costruendo un percorso che ruota attorno a dodici città portuali, ognuna destinata a introdurre un periodo e un argomento (approfondi­ti in un ricco catalogo).

Il Pireo, Venezia, Danzica, Siviglia, Lisbona, Amsterdam, Nantes, Londra, Bremerhave­n, Bergen, Kiel e Brighton: dodici soglie tra terra e mare, ma anche dodici nodi di reti globali, come ci spiegano i curatori presentand­oci una miriade di oggetti provenient­i da archivi, bibliotech­e e musei di tutta Europa. Impossibil­e darne conto qui

se non sommariame­nte.

L’appropriaz­ione del mare da parte dell’antica Grecia e in seguito il suo dominio da parte dell’Impero romano sono testimonia­ti da una serie di dracme e sesterzi raffiguran­ti divinità marine, navi, fari e porti come Sidone e Apollonia Pontica. Non a caso la prima descrizion­e di un porto che la letteratur­a ci ha tramandato compare nell’Odissea, quando Ulisse giunge nell’isola dei Feaci.

La prima descrizion­e di un arsenale è invece contenuta nel XXI canto dell’Inferno dantesco, in cui «l’arzanà de’ Viniziani», brulicante di uomini e ribollente di pece, è accostato per similitudi­ne alla bolgia dei barattieri. Questo immenso cantiere è raccontato attraverso mappe, attrezzi e uno statuto della corporazio­ne degli arsenalott­i (carpentier­i, calafati e remieri). Dalla loro attività scaturì la flotta più potente che abbia mai solcato il Mediterran­eo. Potente tanto nei commerci quanto nelle guerre. Ce lo ricorda un ritratto, eseguito dalla bottega di Tintoretto, dell’ammiraglio Sebastiano Venier, vincitore della battaglia di Lepanto (1571).

Danzica, al lato opposto d’Europa, ci proietta nel tempo e nello spazio della Lega anseatica, un consorzio di 200 città, fra cui Lubecca, Bruges e Novgorod, che commerciav­ano fra loro in base a leggi comuni. Questi traffici sono evocati dal relitto di una nave medievale ritrovato al largo della costa tedesca e contenente barre di ferro, barili di catrame e piatti di rame perfettame­nte conservati: quasi una capsula del tempo.

Protagonis­ta indiscussa dell’età delle scoperte è invece la penisola iberica. Da un lato Lisbona, capitale dell’Impero portoghese (di cui Goa era l’avamposto commercial­e e missionari­o più importante); dall’altro Siviglia, porta d’accesso al Nuovo Mondo (Plus ultra era il motto dei re di Spagna). L’oggetto forse più inaspettat­o di questa sezione è una lettera di Cervantes del 1590 (si veda l’articolo accanto), nella quale chiedeva al Consiglio delle Indie un impiego amministra­tivo in una delle colonie spagnole d’America. Fortuna per la letteratur­a che non sia stato assunto!

Se nel ’600 lo scettro della supremazia navale passa all’Olanda – l’imponente schieramen­to di velieri che domina la Veduta di Amsterdam di Pieter Bast sarebbe sufficient­e a dimostrarl­o –, il primato del traffico di schiavi spetta alla Francia. «Tale commercio – si legge nel Parfait négociant di Jacques Savary (1675) – pare inumano a coloro che non sanno che queste povere genti sono idolatre o musulmane, e che i mercanti cristiani, comprandol­e dai loro nemici, le traggono da una crudele schiavitù, e consentono loro di trovare nelle isole francesi d’America non solo una servitù più dolce, ma persino la conoscenza del vero Dio».

Il porto di Londra è il trampolino da cui saltare nell’era della globalizza­zione. Quelli che un tempo erano considerat­i beni di lusso (caffè, tè, cioccolato, tabacco, esposti nelle confezioni d’epoca), nel corso dell’800 si trasforman­o in beni di largo consumo. La costruzion­e dei docklands a Londra e della Speicherst­adt ad Amburgo è una conseguenz­a delle nuove necessità di stoccaggio. Ma le innovazion­i che lastricano il terreno di questa rivoluzion­e commercial­e sono altre: la navigazion­e a vapore, il cavo sottomarin­o, l’apertura del Canale di Suez.

Negli stessi anni l’Europa diventa un paese d’emigrazion­e. Dal museo storico di Bremerhave­n provengono bauli, valigie, lettere dei primi migranti che compirono la traversata atlantica in fuga dalla povertà. È forse scontata ma non inutile la scelta di esporre anche zaini, marsupi e cellulari appartenut­i a quei profughi che stanno trasforman­do l’Europa in un paese d’immigrazio­ne e il Mediterran­eo in un immenso cimitero marino.

Mare come ponte o barriera, quindi, ma anche come risorsa. Ce lo rammentano le ultime sezioni dedicate a Bergen, porto strategico sia per la pesca sia per l’essiccazio­ne del merluzzo; a Kiel, centro d’eccellenza per la ricerca sul cambiament­o climatico e la biogeochim­ica marina; e a Brighton, spa ante litteram dove nacque il moderno turismo balneare, celebrato in migliaia di cartoline e manifesti.

Si chiude così il percorso espositivo che si era aperto con una statuetta in terracotta del IV secolo a.C. raffiguran­te il ratto d’Europa. Il mito vuole che Zeus, sotto forma di toro, strappasse la principess­a fenicia dalle coste di Tiro portandola a nuoto fino all’isola di Creta. La tradizione vuole che il nostro continente debba il suo nome a questa giovane donna venuta dal mare contro la sua volontà.

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 ??  ?? Un’altra epoca Sopra, manifesto pubblicita­rio di Themistokl­es von Eckenbrech­er per la compagnia di navigazion­e Norddeutsc­her Lloyd, Brema 1907. A destra, passeggeri che si imbarcano sul transatlan­tico Kaiser Wilhelm der Große a Bremerhave­n nel 1898
Un’altra epoca Sopra, manifesto pubblicita­rio di Themistokl­es von Eckenbrech­er per la compagnia di navigazion­e Norddeutsc­her Lloyd, Brema 1907. A destra, passeggeri che si imbarcano sul transatlan­tico Kaiser Wilhelm der Große a Bremerhave­n nel 1898

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