Lettori in festa
«Buon giorno professore. Da oggi voglio mettermi a studiare seriamente. Per favore, mi potrebbe insegnare il latino?» Chi parla non è uno degli oltre 800mila studenti entrato, qualche settimana fa, nelle aule di un liceo classico o scientifico. E neppure una fantasia dei loro docenti, o la pia illusione di uno dei tanti paladini che si sono alzati, soprattutto negli ultimi anni, a difendere la lingua morta per eccellenza. Dai benefici logico-linguistici al prestigio letterario, dal rigore estetico alla storia nobile, le virtù del latino sono decantate da molti fronti, contro l’incombente minaccia dell’inutilità.
Tra queste voci, c’è chi ha messo a processo la didattica tradizionale, e accusato il metodo grammaticale di aver trasformato il latino in un cadavere da sezionare. Mi riferisco ai promotori del metodo “naturale” o «Latino vivo» di Hans Ørberg, trapiantato in Italia grazie a Luigi (o piuttosto Aloisious) Miraglia. Il suo credo si può trovare su youtube, ovviamente predicato in fluente latino. I suoi testi sono stati adottati in alcuni licei italiani, a sfregio di molti “tradizionalisti”, e hanno addestrato una generazione studenti a intavolare una conversazione nella lingua di Virgilio (ma non a leggere agilmente l’Eneide). Non è questo il luogo per approfondirne meriti e difetti, ma non è un segreto che entrambi i metodi falliscono i loro obiettivi. Soprattutto, non riescono a generare e concretizzare il desiderio di leggere i testi antichi (l’unica vera ragione per imparare il latino, troppo spesso dimenticata).
Il lavoro di Eleanor Dickey, tra i massimi latinisti viventi, si inserisce idealmente in questo dibattito, proponendo un’originale tertia via. Il suo manuale, appena uscito per Cambridge, conclude una serie di libri incentrati sugli antichi colloquia, antologie di vignette di vita quotidiana, scritte in un latino elementare. Lo scopo dei colloquia è riassunto nel passo che ho citato in apertura, tratto da un colloquium del terzo secolo dopo Cristo: insegnare il latino a studenti ’stranieri’ molto motivati. L’utilità del latino è infatti fuori discussione in epoca imperiale, quando il latino si afferma anche nell’oriente Greco come la lingua del potere, della burocrazia, e (soprattutto) della legge. I colloquia sono rivolti a studenti non madrelingua, e analoghi, per caratteristiche e scopo, ai moderni manuali per imparare l’inglese.
E sono dunque, per proprietà transitiva, molto simili ai testi di Ørberg, con la cruciale differenza di essere autentici: scritti da madrelingua, in un’epoca in cui veramente il latino era una lingua viva, offrono un metodo storicamente convalidato per l’apprendimento rapido del latino come lingua ’straniera’, che può essere riutilizzato o perlomeno emulato dalla didattica postmoderna.
I colloquia erano inoltre pensati come strumenti di mediazione culturale, e per questo motivo descrivono vignette di reale vita quotidiana nell’Impero Romano: la sfuriata contro il marito ubriaco, il processo, il bagno alle terme, e ovviamente la giornata di scuola. Questo li rende estremamente interessanti anche per lo studioso di professione, e capaci di ridestare il fascino e le ragioni di una vocazione non sempre agevole.
Il grande merito di Dickey è quello di aver valorizzato questi testi, e colto il loro potenziale didattico, senza però opporlo al metodo grammaticale. Nel suo manuale, di impronta forse ancora un po’ troppo tradizionale, Dickey integra i colloquia con altri testi didattici di origine antica, finalizzati a esercitare il lessico latino e la reading comprehension (i grandi assenti nella scuola italiana), ma anche la morfologia.
Già nell’antichità era impensabile imparare il latino senza studiarne la grammatica; tra le vignette dei colloquia non manca quella dello studente che recita le declinazioni e i paradigmi al suo maestro, e torna poi a casa la sera a leggere Virgilio o Cicerone.
L’unico modo per recuperare l’utilità perduta del latino è (imparare a) leggerlo, e in questo la strada aperta (ma forse non percorsa fino in fondo) da Dickey è più promettente di tante altre.
a Milano dal 15 al 18 novembre: si tiene
Bookcity, manifestazione dedicata al libro, alla lettura in molti
spazi metropolitani. Tra i tantissimi ospiti di quest’anno Yu Hua,
Liliana Segre, Franco Loi, Nicola
Gardini, Vivian Lamarque, Emilio Gentile, Patrizia Valduga, Milo De Angelis, Helena Janeczek, Gianni Barbacetto, Marco Belpoliti, Miriam Toews, Jonathan
Coe, Alberto Manguel, Steve e Bonnie McCurry, Louis Sepulveda, Walter Siti, François Noudelmann, Gert
Nygårdshaug, Manfred Spitzer, Paolo Cognetti, Francesco Cataluccio, Maurizio Cucchi, Marcello Fois, Nadia Fusini, Alessandra Kustermann, Gabriele Nissim, Paola Mastrocola,
Laura Pariani www.bookcitymilano.it
Learning Latin from the Romans
Eleanor Dickey, Cambridge University Press, Cambridge, pagg. 526, £ 24.99 (€ 29.31)
Stories of Daily Life from the Roman World: Extracts from the Ancient Colloquia
Eleanor Dickey
Cambridge University Press, Cambridge, pagg. 178, £ 12.99, € 15.77
Learning Latin the Ancient Way
Eleanor Dickey
Cambridge University Press, Cambridge, pagg. 187, £ 17.99, € 19.98