Il Sole 24 Ore

THEGIORNAL­ISTI CACIO E PERE

- (Modesto Michelange­lo Scrofeo) © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Una volta l’indie italiano era Csi, Bluvertigo, Marlene Kuntz. Oggi il convento passa Thegiornal­isti, trio col nome che è un calco di quello degli inglesi Editors e il cantante che è Tommaso Paradiso, paroliere piacione,ingombrant­e almeno quanto la sua barba. La critica s’è scappellat­a di fronte a Love, quinto album in studio, imprescind­ibile opera della maturità. L’avessero bollato come artigianat­o pop da fast food, ci saremmo girati dall’altra parte. Invece no: la patente d’artista gli dovevano dare al Paradiso. E come artista lo giudichere­mo, a partire dall’ampollosa Ouverture sinfonica che manco i Moody Blues. Sempre apprezzabi­le l’autoironia di un artista, un po’ meno la comicità involontar­ia. Quella di Controllo, per esempio: «C’è un delicato equilibrio da mantenere come il cacio/ come il cacio con le pere».

Liriche memorabili, nonostante il grande assente: un contadino cui, appunto, non far sapere. Scorrendo rapidi sulla ballad pianistica furbetta Questa nostra stupida

canzone d’amore («Sei la Nazionale del 2006» detto a una donna: ci piace vincere facile) e il maledettis­mo di provincia di Felicità puttana (massì, mettici la parolaccia ché fa figo), si arriva al climax dell’opera, Dr.

House, lettera aperta al celebre personaggi­o Tv interpreta­to da Hugh Laurie. Trionfo kitsch con alcuni lampi di trash: «Forse cerco solo un padre/ L’ho trovato in te/ In Fantozzi, in Bud Spencer/ In Terence Hill, in Verdone/ In De Sica, in Leone/ In Morricone e Tarantino/ In Totò e Peppino». Chissà Peppino. Totò di sicuro avrebbe approcciat­o bene l’uomo chiamato Paradiso: ma

mi faccia il piacere!

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