Questo non è un libro, è un vero «peradam»
Una «profetica» riflessione su Thomas Browne, editoria e prosa
Onoriamo le parole, il loro valore, l’emozione che sanno suscitare, la loro bellezza fisica e, perciò, per una volta, un «Mirabilia» senza immagine: è un invito ad assaporare il valore estetico della parola, vera, prima, ragione per cui si fa letteratura. Non la mia parola, ovviamente, ma quella di Roberto Calasso e, grazie a lui, chi può bearsene, quella di Sir Thomas Browne (16051682), autore della più splendida prosa inglese, e del quale già Gosse, riporta Calasso, dava un giudizio che è chiarissimo: «È indubbio che a spingere Browne a scrivere fu l’opportunità di produrre una sensazione estetica sul sistema nervoso del lettore». Non che la scrittura si esaurisse in questo (e ciò lo distanzia dalla poetica dei simbolisti): in effetti Browne, sommo compendiatore del secolo in cui visse e, attraverso quello, della grande sapienza che lo aveva preceduto e sarebbe venuta, fu un erudito di sconfinata passione e conoscenza e, occupandosi dei «temi più secondari e meno invitanti», riuscì ad elaborare un sistema filosofico del mondo – per ipotesi e confutazioni – che ammetteva l’errore, procedeva per evidenze ma non trascurava sensazioni “superiori” per ottenere verità (e lo conferma tutto il ragionamento sul valore sapienziale dei geroglifici). Mi fermo qui, ché non ho competenze adatte e rischio sfondoni. Eppure, questo libro di Calasso, I geroglifici di Sir Thomas Browne (Adelphi, pagg. 190, € 20,00), che ripubblica la sua tesi di laurea (accidenti! che meraviglia, ed è ben chiaro che un Praz non poteva chiedere meno, e che un allievo simile non ti capita tutti i giorni), aggiungendo un nuovo, ultimo, fondamentale, capitolo (un secondo sguardo ad anni di distanza), è un trattato non meno ipnotico e magnetico del suo soggetto. È che la prosa stessa di Calasso, memore di tale sontuosa influenza, imita e ribadisce le bellezze di quella, ma, in nuce, ed è questo il di più, fa capire molto meglio il suo pensiero (di Calasso dico), il suo interessarsi a certe cose, e persino il suo destino di editore. Proprio perché veniva da quelle basi: volete una descrizione esatta del suo progetto editoriale? Eccola, un “profetico” lapsus di Calasso su Browne: «uno scrittore per raffinati, una preziosità letteraria, una felice aberrazione». Ciò che avrebbe, negli anni, ricercato per la sua casa editrice.
Gemma vera è perciò questo libro, per sottintesi ed esplicitazioni, “capolavoro portatile” che attinge all’essenza della letteratura. Del resto, esce in una collana, «I Peradam», emblematica. Cosa è un peradam? Pietra rara e limpidissima (e mi stupisce che in Adelphi manchino le pietre di Caillois), «che l’occhio non avvertito percepisce appena», e che si rivela solo a chi la cerca «con desiderio sincero e necessità». Questo di Calasso è un peradam, e, nella mia carriera di lettore, sono felice di essermici imbattuto. Di quanti altri libri lo si può dire?