Rete Tim, spunta clausola anti esuberi (e pesa sulle tariffe)
La bozza della norma: incentivi agli investimenti anche in base agli addetti Governo attento alle ricadute sul lavoro ma c’è il rischio di rialzo dei prezzi La successione a Genish in Tim spacca Elliott E Vivendi contesta l’iter
Una volta chiusa la partita del vertice Tim, il governo dovrà stringere i tempi sulle norme per facilitare la rete unica Tim-Open Fiber, che potrebbe riservare sorprese sul fronte delle tariffe. Nella versione anticipata dal Sole 24 Ore online spicca la “clausola occupazionale” che avrebbe contraccolpi sui prezzi all’ingrosso praticati dalla società della rete e a cascata su quelli applicati ai clienti finali. Secondo la bozza, in caso di aggregazione delle reti l’Agcom fissa incentivi tariffari per remunerare il capitale investito: si dovrà tener conto, tra l’altro, «della forza lavoro dell’impresa separata». Un passaggio che sembra puntare a evitare i contraccolpi dell’operazione sull’occupazione, alla luce dei 20mila posti di lavoro coinvolti. Il ceo Wind Tre, Hedberg: «In caso di una rete unica, siamo pronti a considerazione una partecipazione».
Al vertice di Tim continuano le tensioni sulla successione a Genish, con una spaccatura nella compagine Elliott che indebolisce la maggioranza. Al comitato nomine ieri impasse su due nomi, in quota al fondo Usa, per la carica di ad: Alfredo Altavilla e Luigi Gubitosi. Nessun accordo al termine. E i consiglieri in quota Vivendi contestano l’iter.
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Il comitato nomine di Telecom si spacca. Ma non con l’ormai consueta contrapposizione tra “francesi” e “americani”. Bensì all’interno della stessa compagine espressa da Elliott. Al comitato, che si è riunito ieri in prima mattinata, è entrata una rosa di tre nomi, tutti in quota Elliott, per la carica di ad: Alfredo Altavilla, Luigi Gubitosi e Rocco Sabelli. Altavilla, che presiede il comitato, si è correttamente allontanato. Sabelli ha ribadito che non era disponibile a incarichi esecutivi. Paola Bonomo, dello stesso schieramento, ha cercato di coagulare il consenso su un solo nome, con preferenza per Gubitosi. Sabelli ha replicato che no, i nomi sono validi entrambi. Sarebbe finita 1 a 1, con un 1 fatto di mezzo e mezzo. Se non che non si è votato e il parere è comunque consultivo. Contro tutti i due componenti del comitato in quota Vivendi - Giuseppina Capaldo e Michele Valensise - che hanno contestato la correttezza della procedura, che si avvale comunque della consulenza del cacciatore di teste Russel Reynolds. La riunione di ieri mattina, che fin dall’inizio comunque doveva concentrarsi sul profilo del candidato, ufficialmente è finita lì. Rendendo probabilmente opportuna una nuova convocazione del comitato prima del cda che domenica è chiamato a nominare il successore di Amos Genish nella posizione di ad.
Lo scenario però si complica, con le divisioni intestine non fanno che portare acqua al mulino di Vivendi. Che infatti ieri ha colto la palla al balzo. «È ironico che le persone che hanno lavorato insieme per rimuovere Amos Genish ora stiano lottando per contendersi il suo posto mentre la società è nel caos», è il commento a caldo arrivato da Parigi.
Nella pur tormentata storia della Telecom, non era mai successo che un ad fosse nominato senza avere l’unanimità in consiglio. Unanimità che in questo caso è da escludere perchè, per come si sono messe le cose, i cinque amministratori designati dai francesi non regaleranno certamente alcun vantaggio alla controparte. Ma le due candidature all’interno dello stesso schieramento rischiano di restringere l’ambito della condivisione ben al di sotto della maggioranza di dieci su 15 di cui la lista Elliott gode sulla carta. Dal momento che ormai è in ballo, Gubitosi - che era il candidato della prim’ora quando è stata confezionata l’operazione Elliott - è determinato a giocarsela fino in fondo. Dalla sua il manager-ristrutturatore ha una precedente esperienza nel campo delle tlc, alla guida di Wind, che l’altro candidato - dato in pole position fino alla vigilia - non ha. L’opzione Altavilla sarebbe in realtà un ticket che combina esperienza dirigenziale senior e competenze tecniche, con la nomina a direttore generale/chief operating officer di Stefano De Angelis, manager che è stato recentemente accompagnato alla porta da Genish perchè considerato un rivale nonostante gli ottimi risultati conseguiti alla guida di Tim Brasil, che gli sono valsi la stima del fondo di Paul Singer.
Gubitosi è convinto che non creerebbe problemi nel lasciare Alitalia, di cui attualmente è uno dei commissari, ora che il suo lavoro è sostanzialmente terminato. Ma, a quanto risulta a «Il Sole-24Ore», il via libera del Governo è ancora da verificare. Del tutto irrealistico che dall’esecutivo arrivi una benedizione pubblica per una posizione al vertice di una società privata. Piuttosto, potrebbe essere il contrario e cioè che il Governo voglia dire la sua su Alitalia, un dossier altrettanto tormentato, ma non di natura privatistica.
Ad ogni modo il tentativo (in giornata era circolata una terza ipotesi, quella di candidare Lucia Morselli) è quello di compattare almeno le fila all’interno dello schieramento Elliott per evitare di varare un “governo di minoranza” che, nella situazione altamente conflittuale che dilania Telecom, non arriverebbe a mangiare la colomba, ma forse nemmeno il panettone. E l’unica alternativa praticabile sarebbe quella di lasciare l’interim al presidente Fulvio Conti, che da martedì ha già temporaneamente le deleghe che erano di Genish, fino all’assemblea dove la questione della governance dovrà essere risolta in via definitiva. E dove anche la Cdp, azionista dalla primavera con quasi il 5%, sarà chiamata a giocare la sua parte. Se non si vuole rischiare di perdere Telecom, prima ancora di farla a pezzi.