Rifiuti spaziali e satelliti Leonardo investe in Canada
Telespazio e Thales Alenia entrano nel capitale della società NorthStar Sotto esame una costellazione di 40 satelliti per mappare posizione e moto dei detriti
Il progetto della canadese NorthStar (partecipata Leonardo) è lanciare nello spazio 40 satelliti con l’obiettivo di mappare posizione e moto della montagna “diffusa” di rifiuti spaziali che espone al rischio collisione costosissime missioni spaziali.
Lanciare nello Spazio una costellazione di 40 satelliti il cui osservato speciale non è la Terra, ma il near space: quella parte di cielo dove viaggiano i satelliti. Con l’obiettivo di mappare, in tempo reale e con precisione millimetrica, la posizione e il moto della montagna “diffusa” di detriti e rifiuti spaziali che, anche in questo preciso istante, sta esponendo al rischio collisione missioni costate centinaia di migliaia di dollari.
È questa l’idea della canadese NorthStar, il cui progetto è finito nel mirino della Space Alliance - formata da Telespazio (Leonardo 67%, Thales 33%) e Thales Alenia Space (Thales 67%, Leonardo 33%) - che ha acquisito una partecipazione nella società. L’operazione ha attirato una prima tornata di finanziamenti, sia pubblici che privati, per 52 milioni di dollari canadesi (circa 35 milioni di euro). I fondi serviranno per la «fase A» del progetto, dove l’Italia sarà in prima linea: fase di sviluppo e validazione, che se tutto andrà secondo le previsioni entro la metà del 2019 porterà a un piano esecutivo per l’implementazione del progetto. Allora, l’operazione entrerà nel vivo con la ricerca di nuovi fondi e la messa in orbita, nel giro di 3-4 anni, della costellazione. Oggi sono oltre 600mila gli oggetti misurabili e catalogati - sia naturali che artificiali, in questo secondo caso si tratta di satelliti o pezzi di satellite non più in attività - che gravitano in orbita bassa, la stessa “battuta” dai satelliti in operatività. Conoscere la loro posizione permetterebbe di acquisire informazioni che avrebbero un alto valore commerciale: chi le possiederà, infatti, oltre che utilizzarle potrebbe rivenderle agli operatori del settore spaziale di tutto il mondo. Per nuovi servizi che potremmo immaginare come un navigatore satellitare per viaggiare in sicurezza nello Spazio. «L’idea messa a punto dalla canadese NorthStar rappresenta un cambio di prospettiva – spiega Luigi Pasquali, coordinatore delle attività spaziali di Leonardo e amministratore delegato di Telespazio –. Oggi l’attività satellitare è associata all’osservazione della Terra, che resta il driver principale del settore spaziale. Con questo progetto si tratta di aggiungere una nuova prospettiva, invertire leggermente l’angolo di vista e osservare dallo Spazio anche lo Spazio».
Oggi non esiste un’infrastruttura spaziale con queste caratteristiche. Le collisioni con i rifiuti spaziali vengono evitate senza una pianificazione sistematica: se e solo quando si riesce a identificare un detrito in rotta di collisione, da Terra viene modificata l’orbita del satellite. Il Centro Spaziale del Fucino di Leonardo/Telespazio, per esempio, con le sue 170 antenne su 370mila metri quadrati di superficie controlla i satelliti di numerose missioni spaziali italiane e internazionali oggi in orbita, tra cui quelli del programma di navigazione satellitare europeo Galileo. O ancora la costellazione satellitare radar Cosmo-SkyMed , dell’Agenzia spaziale italiana e del ministero della Difesa. Nella piana del Fucino, in Abruzzo, quella di “scartare” rifiuti spaziali è ormai un’attività quotidiana. In futuro non potrà che intensificarsi, visto che il traffico spaziale è destinato ad aumentare. Oltre che con i detriti, bisognerà fare i conti con la carica dei nanosatelliti, satelliti low-cost grandi come una scatola di scarpe: a fine 2017, secondo un report Euroconsult, intorno alla Terra ne orbitavano 1.187, nel 2027 saranno 7.058. Questo stando solo alle missioni già approvate. Telespazio sfrutterà la costellazione NorthStar anche per implementare un’attività di osservazione della Terra di nuova generazione - rispetto alla visione ottica e radar - mettendo a bordo di ognuno dei 40 satelliti il sensore iperspettrale del tipo di quello realizzato da Leonardo a Campi Bisenzio per la missione Asi Prisma, che partirà a inizio 2019. Attualmente è il sensore iperspettrale più potente al mondo. «Questa tecnologia - spiega Pasquali - permetterà di misurare le caratteristiche chimico-fisiche della superficie terrestre. Ovvero di osservare fenomeni legati alla vegetazione, analizzare il livello di inquinamento delle acque, mappare le caratteristiche fito-chimiche della superficie terrestre e per identificare dal cielo siti inquinati o contaminati».