Bcc, frenata sulla controriforma Eccezione solo per l’Alto Adige
Bagnai: Il percorso dei gruppi nazionali dev’essere accompagnato non bloccato
Si va verso un ridimensionamento della controriforma del credito cooperativo. Un vertice di governo convocato ieri sera è stato chiamato a trovare una posizione consensuale tra le forze politiche per consentire al sistema di rafforzarsi pur mitigandone alcuni spigoli mal digeriti soprattutto a livello locale. Ma l’esito è stato anticipato dallo stesso promotore degli emendamenti al decreto fiscale che in una prima fase rendevano facoltativa l’adesione ai gruppi di credito cooperativo, nei fatti smontando la riforma voluta dal governo Renzi.
«Il percorso dei gruppi nazionali deve essere accompagnato, non interrotto. La maggioranza avrebbe preferito un percorso diverso, ma siamo persone responsabili - ha dichiarato in serata il presidente della commissione finanze della Camera, Alberto Bagnai -. Puntiamo alla gestione, non vogliamo bombardare». L’obiettivo è quello di garantire alla federazione dell’Alto Adige Raiffeisen il «sistema di tutela istituzionale (IPS)». I gruppi nazionali, ha aggiunto, possono «andare avanti e stare tranquilli, perché avranno la cooperazione del governo». Nella sostanza, l’alternativa rispetto all’adesione al gruppo viene consentita solo alle Bcc bolzanine, le quali potranno adottare il modello tedesco dei fondi di tutela istituzionale invece di dare vita a un gruppo. La strada è già prevista dall’emendamento 20.05 - anche se Bagnai ieri ha parlato di «riformulazione dell’emendamento» - il quale consente alle banche che ricadono in un ambito provinciale «la facoltà di adottare in alternativa alla costituzione del gruppo bancario cooperativo sistemi di tutela istituzionale». Va ricordato che questa opportunità avrebbero potuto coglierla qualche anno addietro tutte le altre Bcc: il punto è che per anni hanno discusso su come dare vita a questo sistema di tutela senza mai concretizzare nulla. È stato a quel punto che il governo Renzi, su impulso della Banca d’Italia, ha forzato la mano con la costituzione dei gruppi. Ora, però, anche questa soluzione di compromesso non è esente da rischi, perché il presupposto dell’incostituzionalità, visto che crea un trattamento differenziato per realtà simili solo per la base locale, è abbastanza palese. Il percorso, però, a quanto pare potrebbe essere considerato il minore dei mali anche dalla autorità di vigilanza. E ottiene anche una sorta di benedizione da parte delle associazione di categoria, Federcasse e Confcooperative. In una nota diffusa ieri si afferma che esse «hanno sempre ritenuto che il modello di banca cooperativa mutualistica debba essere oggi adeguato ad un contesto di regole internazionali ed europee che richiedono sistemi di tutela (Ips, sistemi di protezione istituzionale, o come nello specifico della riforma 2016 arricchita nel settembre 2018, gruppi bancari cooperativi)».
Il passaggio del documento sull’adeguamento del sistema al contesto di regole internazionali sembra riferirsi a perplessità su altri emendamenti, annunciati dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, e già approvati dalla commissione finanze della Camera. Questi emendamenti riportano indietro le lancette del tempo di qualche anno, rendendo facoltativa per le banche che non hanno titoli negoziati sui mercati regolamentati l’adozione dei principi contabili internazionali. Per chi non li adotta, è consentita la facoltà di non adeguare al valore di mercato i titoli di Stato detenuti per la vendita (available for sale) mettendoli così al riparo dalle perdite legate alle oscillazioni dello spread, tra l’altro con effetto retroattivo al 2018. La disposizione rischia di comportare una forzatura dei principi contabili nazionali, che tendono ad allinearsi a quelli internazionali.