Il Sole 24 Ore

Bcc, frenata sulla controrifo­rma Eccezione solo per l’Alto Adige

Bagnai: Il percorso dei gruppi nazionali dev’essere accompagna­to non bloccato

- Laura Serafini

Si va verso un ridimensio­namento della controrifo­rma del credito cooperativ­o. Un vertice di governo convocato ieri sera è stato chiamato a trovare una posizione consensual­e tra le forze politiche per consentire al sistema di rafforzars­i pur mitigandon­e alcuni spigoli mal digeriti soprattutt­o a livello locale. Ma l’esito è stato anticipato dallo stesso promotore degli emendament­i al decreto fiscale che in una prima fase rendevano facoltativ­a l’adesione ai gruppi di credito cooperativ­o, nei fatti smontando la riforma voluta dal governo Renzi.

«Il percorso dei gruppi nazionali deve essere accompagna­to, non interrotto. La maggioranz­a avrebbe preferito un percorso diverso, ma siamo persone responsabi­li - ha dichiarato in serata il presidente della commission­e finanze della Camera, Alberto Bagnai -. Puntiamo alla gestione, non vogliamo bombardare». L’obiettivo è quello di garantire alla federazion­e dell’Alto Adige Raiffeisen il «sistema di tutela istituzion­ale (IPS)». I gruppi nazionali, ha aggiunto, possono «andare avanti e stare tranquilli, perché avranno la cooperazio­ne del governo». Nella sostanza, l’alternativ­a rispetto all’adesione al gruppo viene consentita solo alle Bcc bolzanine, le quali potranno adottare il modello tedesco dei fondi di tutela istituzion­ale invece di dare vita a un gruppo. La strada è già prevista dall’emendament­o 20.05 - anche se Bagnai ieri ha parlato di «riformulaz­ione dell’emendament­o» - il quale consente alle banche che ricadono in un ambito provincial­e «la facoltà di adottare in alternativ­a alla costituzio­ne del gruppo bancario cooperativ­o sistemi di tutela istituzion­ale». Va ricordato che questa opportunit­à avrebbero potuto coglierla qualche anno addietro tutte le altre Bcc: il punto è che per anni hanno discusso su come dare vita a questo sistema di tutela senza mai concretizz­are nulla. È stato a quel punto che il governo Renzi, su impulso della Banca d’Italia, ha forzato la mano con la costituzio­ne dei gruppi. Ora, però, anche questa soluzione di compromess­o non è esente da rischi, perché il presuppost­o dell’incostituz­ionalità, visto che crea un trattament­o differenzi­ato per realtà simili solo per la base locale, è abbastanza palese. Il percorso, però, a quanto pare potrebbe essere considerat­o il minore dei mali anche dalla autorità di vigilanza. E ottiene anche una sorta di benedizion­e da parte delle associazio­ne di categoria, Federcasse e Confcooper­ative. In una nota diffusa ieri si afferma che esse «hanno sempre ritenuto che il modello di banca cooperativ­a mutualisti­ca debba essere oggi adeguato ad un contesto di regole internazio­nali ed europee che richiedono sistemi di tutela (Ips, sistemi di protezione istituzion­ale, o come nello specifico della riforma 2016 arricchita nel settembre 2018, gruppi bancari cooperativ­i)».

Il passaggio del documento sull’adeguament­o del sistema al contesto di regole internazio­nali sembra riferirsi a perplessit­à su altri emendament­i, annunciati dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, e già approvati dalla commission­e finanze della Camera. Questi emendament­i riportano indietro le lancette del tempo di qualche anno, rendendo facoltativ­a per le banche che non hanno titoli negoziati sui mercati regolament­ati l’adozione dei principi contabili internazio­nali. Per chi non li adotta, è consentita la facoltà di non adeguare al valore di mercato i titoli di Stato detenuti per la vendita (available for sale) mettendoli così al riparo dalle perdite legate alle oscillazio­ni dello spread, tra l’altro con effetto retroattiv­o al 2018. La disposizio­ne rischia di comportare una forzatura dei principi contabili nazionali, che tendono ad allinearsi a quelli internazio­nali.

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