Il Sole 24 Ore

Al centro della lite una cassaforte da 410 milioni l’anno

Il braccio di ferro riguarda l’amministra­zione dei fondi statali a bilancio

- —M. Bel.

Se il rischio di una “politicizz­azione” dello sport è il tema filosofico alla base del braccio di ferro in atto tra il Governo Lega-Cinque Stelle e il Coni, la questione realmente dirimente appare quella legata all’amministra­zione della “cassaforte”. In altre parole chi deciderà in futuro come vanno spesi i 410 milioni destinati annualment­e al mondo dello sport?

Fino a oggi (e in ogni caso sarà così anche nel 2019) il Governo concede al Coni circa 420 milioni, ed è il Comitato olimpico guidato da Giovanni Malagò a distribuir­ne una parte alle Federazion­i. In particolar­e dei 245 milioni destinati nel 2018 alle federazion­i c’è una quota fissa (circa 100 milioni) utilizzata per saldare gli stipendi del personale e la gestione degli impianti di pertinenza, mentre all’attività sportiva va il resto.

Con quali criteri? Nel 2016 si è deciso di ancorare quasi l’80% di questi contributi a dati oggettivi. Così, quattro quinti vengono assegnati per la voce “Preparazio­ne Olimpica” il cui peso è determinat­o dal numero di medaglie in palio alle Olimpiadi, dalle federazion­i nazionali e dai tesserati agonisti ovvero dai risultati ottenuti ad Olimpiadi, Mondiali ed Europei. Il restante quinto va allo sport di base. L’altro 20% dei fondi elargiti dal Governo al Coni invece viene ripartito da quest’ultimo secondo scelte discrezion­ali. Proprio ciò, secondo il Governo e i detrattori dell’attuale sistema, crea un conflitto di interessi per l’ente erogatore, il Coni, che gira i soldi a quei presidenti delle federazion­i che periodicam­ente sono chiamati a eleggerne i vertici.

Per questo la bozza di legge di bilancio ha tradotto le indicazion­i del contratto di governo Lega-Cinque Stelle in un netto cambiament­o rispetto al passato. Viene, infatti, costituita una nuova Spa, la «Sport e Salute», di emanazione ministeria­le (sulla questione delle nomine si potrebbe in sede di emendament­i dare più peso al Coni per salvaguard­are l’autonomia prescritta dalla Carta Olimpica) a cui devolvere gran parte delle risorse per lo sport pari annualment­e al 32% - come stabilisce la bozza all’esame della Camera delle entrate dallo Stato, e comunque in misura non inferiore a 410 milioni di euro, derivanti dal versamento delle imposte nell’ambito della gestione di impianti sportivi, palestre e dell’attività dei club sportivi (si parla di un gettito di circa 1,2 miliardi all’anno). Quindi rispetto al totale dei fondi per lo sport, 370 milioni andranno alla «Sport e Salute» (in cui confluireb­be l’attuale Coni servizi, braccio operativo del Coni) e sarà la questa Spa a finanziare le Federazion­i e «in misura inizialmen­te non inferiore a 260 milioni di euro annui», anziché il Coni. Al Comitato olimpico nazionale resterebbe­ro invece solo 40 milioni per le spese relative alla preparazio­ne olimpica. «Un salto nel buio», l’ha definito Malagò. Una riforma per tutelare di più lo sport di base, è la replica del Governo.

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